20150525_162828Io che li rincorro per tutto l’Expo e loro che scappano e mi mandano i selfie dai padiglioni. La terza B che assaggia le specialità dell’Angola, la terza A che fa il verso alle api nell’alveare del Regno Unito e la terza L che si tira i Pamcake sulla ruota panoramica del padiglione olandese. Io che corro portandomi dietro quelli che ho trattenuto dalla fuga: una ragazza della L mi vede piangere disperata e cerca di consolarmi. Mi porta un fazzoletto e dice:” Su prof, vedrà che ora tornano.” Mi sveglio ancora spaventata, per fortuna era solo un incubo. L’estate arriva nella mia stanzetta di via Venti come una primavera russa, violenta rabbiosa ed incide sul mio sonno. Non so se più stordita o più sudata decido di fare due passi per ritrovare la ragione e, magari con un caffè, la serenità. L’aria è frizzante, vedo una certa agitazione e non capisco. Fino a quando giungo in via della Consolazione, una traversa di via Venti. Chiusa al traffico, ma aperta alla folla. Donne che comprano. Uomini dietro ai banchetti che gridano cercando di accaparrarsi le clienti. Non si riesce a respirare, sono tantissimi. Qual è l’oggetto di tutto questo traffico? Le rose. O sono italiani e le vendono belle ad un euro o sono stranieri e le vendono meno belle a cinquanta centesimi. Uno mi grida in modo persuasivo: “Bionda, vieni da me!”. Ho l’impulso di andarci, ma penso che ci manchino solo le rose a casa mia. Poi comincio a starnutire, la mia allergia paga caro questo corridoio floreale. Mi chiedo il perché di tutte queste rose, non può essere un mercato dei fiori ci sarebbero margherite, peonie, calle…Mi dicono per la Santa. “Solo rose per la santa.” A Santa Rita piaceva questo fiore perché la sua bellezza resiste alle spine che lo circondano. Allora un giorno di gennaio, malata nella sua cella monastica di Cascia, chiese ad una cugina di portarle da Roccaporena una rosa della sua terra. Naturalmente la rosa fiorì in gennaio ed avvenne il miracolo. La capisco, la Santa.  E non siamo le sole ad amare questo fiore. Shakespeare fa dire a Giulietta:”Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo.” Ricordo la prima volta che ne ricevetti una, rossa. Compivo 13 anni e arrivò con un biglietto del mio fidanzatino di allora: “Auguri, Marta”. Una rosa rossa significò almeno una cinquantina di sberle da parte di mio padre che non credette ad una amica così premurosa da inviarmi un fiore per posta. Sono protagoniste nello Chanel 5, rose di maggio, colte a mano nelle prime ore del mattino, quando si schiudono, per essere poi lavorate entro un’ora dalla raccolta. Rosa come il colore che amo, ma non so vestire. Rosa come il fiocco sui portoni quando nasce una bambina, che chi lo vede non può non sorridere. Rosa come la patente. In Rose come la vie di Edith Piaf. Rosa come tutte le Rosamaria, Rosalba, Rosaria. Rosa che è rosso più bianco. Rosa come il lucida labbra. Ed ora rosa come il fiore di Santa Rita, la santa del 22 di maggio.

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