20151106_202742Sopra
Il 2005 e Genova, per me, erano nuovi di zecca: un lavoro, un amore, una casa tutti da arredare. “Lo voglio rosso il divano, mamma e papà, ma dell’Ikea. Che di più non posso.” Non avevo neanche le posate, solo Ektorp, ma il fidanzato era sempre là sopra con me. Me lo vedo con la luce delle candele, ma è un ricordo finto, di quelli fatti d’amore. Così rosso non era mai stato, neanche il giorno dell’acquisto. Ci tenevamo sempre le mani su quei cuscini e diventavano bianche da quanto erano strette. Poi il lavoro a Milano, il trasferimento. Sul mio sofà cominciarono a piazzarsi gli inquilini. Prima un lui che aveva amici rumorosi, dice il vicino di sotto, tanto che una sera è salito e li ha minacciati: che io son bravo e buono, ma la mattina mi sveglio alle sei, gli ha detto. Poi un’inquilina che aveva una cagnolina rompiballe. Dice sempre il vicino di sotto che non smetteva mai d’abbaiare, tanto che una sera è salito e l’ha minacciata: che io son bravo e buono, ma la mattina mi sveglio alle sei, le ha detto.
L’agenzia milanese fallì, portandomi di nuovo a Genova. Il canapè era destinato alle lezioni di canto. La gente mi diceva: “Ma tu dove dormi?”Ed io, rispondevo: “Qui”. E loro, testardamente:“Così o si apre?”
Colazioni, pranzi, cene tutte servite sulle sedute. Il tavolo è sempre stato troppo incasinato per queste cose.
Il morbillo d’agosto, i quaranta gradi, il prurito e la difficoltà a respirare, il borotalco sul rosso velluto.
La sera ci si versava sopra bourbon whisky, confessioni e baci. La gente arrivava e piangeva proprio là, non so perché. Così le macchie si confondevano, univano e pulivano da sole.
Poi, alla supplenza, si trasformò definitivamente in letto, come se non si chiudesse più. Tanto non ci entrava nessuno in casa con gli orari che facevo. Andavo a dormire alle venti e mi svegliavo alle sei, come per andare a ballare riposata. C’era tanto spazio: il flauto, i libri di storia, i fazzoletti di carta, il cellulare, le tazzine di caffè.
E poi l’ultima estate: il caldo afoso, la terza laurea, la televisione 50 pollici, la serie Mad Man, Uomini e Donne della De Filippi. Tutto sempre lì sopra.
Le doghe, già Ikea, dal troppo uso, si sono piegate, rotte, abbassate, il rosso sbiadito, il materasso mangiato da un amante, dicevo. Tanto che negli ultimi giorni ho provato a dormire dalla parte dei piedi, ma mi incriccavo ancora di più.  Male al cuore sommato a quello della schiena la mattina è un disastro. Tanto che l’altro giorno il divano è andato via nelle braccia forti di papà e Mario, il portiere di via Venti n. 18.
Ecco l’elenco di quello che c’era
Sotto:
………, ………,…………,……………,…………,…………,……………,………,…………,………………,……………,……………,……………,………………….
C’è voluto molto più di una ramazzata per raccogliere tutto.
Le perle, di un filo che si era spezzato cadendo, rotolavano sul pavimento come un cappello nel vento.
È arrivato un nuovo divano. Ora, potete indovinarne il colore.

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