Era tanto che non guardavo un musical in teatro.
Poi a Milano è arrivata Mary Poppins.
Un amico che ci lavora.
Il bisogno di uscire un po’.
Il Nazionale è gremito.
Si apre il sipario.
C’è Mister Banks, il classico anaffettivo tutto ordine e disciplina, ma con un cuore buono. Nasconde un segreto, la tata demoniaca che l’ha cresciuto.
C’è la moglie di Mr Banks, un mezzo soprano, ruolo che avrei potuto interpretare, il cui tormento è anche il privilegio, di essere la moglie di un uomo d’affari molto stimato. Ma che non ha nemmeno il tempo di darle un bacio. Per lui, lei ha lasciato la sua professione di attrice, poco raccomandabile in una famiglia come la loro.
Lo perdona, lo protegge davanti ai bambini e rinnega persino il teatro per essere la moglie perfetta.
Poi c’è Bert. Il mio personaggio preferito. Un filosofo che tutti i giorni cambia lavoro. E che da ogni mestiere trae un insegnamento. L’amore per Mary Poppins che è tensione irrealizzabile se non in un bacio. Da sognare, da ricordare.
In fine Mary. “Praticamente perfetta.”Quella donna che non ha dubbi mai. Che sa mettere a posto la casa, i bambini, il lavoro di Mr. Banks e che possiede vari optional tra i quali anche quello di volare. Insomma, insopportabile.
Oltre a questi archetipi su cui vale la pena riflettere, ciò che è bello di Mary Poppins è che se si vuole piangere è il posto giusto.
Si commuovono gli adulti, mentre i bambini si stupiscono sotto una coltre di stelle sul soffitto.

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