Agosto è sospensione.
Pausa.
Cambiamento.
Riflessione.
Almeno nell’immaginazione.
Ecco la prima parte della mia storia d’agosto che durerà per tutto il mese,
spezzettandola in quattro lunedì.

Aspettavo tutto l’anno quella settimana.
Quella in cui lei, finalmente, sarebbe rimasta sola.
Il marito, un importante dirigente di una delle ultime multinazionali, otteneva le classiche ferie d’agosto.
Per lei, da sempre controcorrente, erano addirittura impensabili.
Avrebbe avuto la possibilità di andare via a settembre, il tempo della ripresa per tutti gli altri. E le bambine avrebbero goduto dell’ultima settimana di vacanza con la mamma, prima della scuola.
Per sette interi giorni, la sensazione di rincorrere la felicità sarebbe svanita.
La cena delle piccole, andarle a prendere a danza, lasciarle al pre-scuola, la festa dell’amichetto.
Tutti quegli impegni che, confrontati con la voglia di stare con lei mi sembravano assurdi, sarebbero scomparsi.
Avrei potuto far finta che fossimo due fidanzati o ancora meglio due giovani sposi alla loro prima estate in città.
Rigorosamente senza figli.
Potevamo cenare fuori e andar a fare l’amore, subito, per poi addormentarci insieme.
Come ogni coppia normale.

Non avremmo dovuto nasconderci.
Quando fa molto caldo la comunità accetta cose che con un clima normale non avrebbe mai ammesso.
Crisi isteriche, pianti in pubblico e amori illeciti.

Anche se ci avessero visti, l’afa della città ci avrebbe naturalmente protetti ed isolati in quel cantar di cicale di giorno e di grilli di notte.
Il suono che avrebbe accompagnato i nostri incontri, una stonatura che in quella desolazione metropolitana, sarebbe stata ben accetta anche da un direttore d’orchestra.

(Continua..)

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