Nel weekend dell’Immacolata

immacolata-concezioneNel weekend dell’Immacolata più che mai il mondo si divide. Da una parte ci sono quelli che stanno in coppia e dall’altra quelli che stanno da soli.
Quelli che stanno in coppia hanno tante possibilità.
Ci sono i mercatini di Natale nelle capitali europee, quei viaggi classici ed intramontabili che le agenzie programmano da Ferragosto. Quando vedo i dépliant in vetrina mi fa lo stesso effetto della collezione invernale a luglio… Poi c’è la meta parigina, che si va proprio se si è innamorati, dato che la capitale francese è cara sempre, ma forse nel week end dell’Immacolata di più. C’è chi decide di stare in famiglia e fare l’albero, che tutti gli anni lo si aspetta da quando lo si toglie. C’è chi cucina e chi va a sciare, chi fa shopping regali e chi va alla fiera degli Obej Obej di Milano per festeggiare Ambrogio, il santo protettore. In generale nel ponte dell’Immacolata si sta con chi si ama e lo si ama anche un po’ più del solito.
Poi ci sono quelli che sono soli. Che l’atmosfera di Natale è dura quando si sta da soli. Ma l’Immacolata è peggio. Ecco dunque cosa faccio io nel giorno dell’Immacolata, un po’ come delle personali regole di sopravvivenza.
1) Mi sveglio il più tardi possibile, alla faccia di “il mattino ha l’oro in bocca” ripetuto da Jack alla macchina da scrivere nella mitica sequenza kubrickiana. La giornata è già abbastanza lunga, così.
2) Invito, chiamo, chiedo aiuto ad amici e conoscenti in modo assolutamente inutile. Tutti presi con palline, torrentelli di ceramica (esondanti nel caso genovese), vin brulè e cioccolate calde. L’approccio del mondo all’Immacolata ricorda quello che lo stesso ha nel montare i mobili dell’Ikea: un delirio tra onnipotenza ed incapacità alternato a tratti di personalità maniaco depressiva.
3)  Vado verso un famoso discount tutta imbellettata, prendendo spunto da una foto di Sharon Stone che avevo ritagliato e non trovo più, in cui era ritratta mentre faceva la spesa in pelliccia di giaguaro. In mezzo ai pochi che hanno scelto per un giorno così speciale quella location, compro i prodotti più di lusso, tipo lo champagne centellinato, il sugo di capriolo, la pasta lavorata al bronzo…Naturalmente non credo né di aver mai mangiato, né che mangerò, soprattutto sotto Natale, quel sugo, che mi ricorda la mamma di Bambi e il cacciatore, ma alla cassa ho fatto una scena da Hollywood.
4) Quando finisco la colazione deluxe comincio a cantare al karaoke personale Il giorno dei giorni di Ligabue ed altre hit, scatenandomi su Bailando di Enrique Iglesias tra una canzone e l’altra. Insomma una pazza, ma felice.
5) Per terminare la giornata ora vado a guardare, incontrare, salutare le Immacolate nelle Chiese della zona: sicuramente quella della Consolazione e quella di Santo Stefano. Studierò le espressioni, gli sguardi abbassati, i dettagli delle mani e delle corone di queste regine immuni dal peccato.
Peccatori o no, soli o in compagnia: Buona festa dell’Immacolata a tutti.

 


Le Pleiadi di Natale

pleiaIeri notte, mentre tornavo a casa ancora per metà balena, ma non abbastanza sporca di trucco per esserlo interamente, come in una epifania, mi è apparsa via Venti.
Non ero più nei miei pensieri, nella mie ossessioni, nei tuoi silenzi. Ero in via Venti e la guardavo.
Bellissima e spaventosa nel silenzio, come se di notte pagasse un dazio per la confusione dei suoi giorni.
Accarezzata solo da una pioggia leggera.
Un luogo di fantasmi e matti.
Un’ isola stonata e solitaria.
Ed io in questo carosello, come ogni volta che torno di notte, ero la protagonista assoluta.
Un tizio solitario in una macchina bianca, poteva essere una Citroen degli anni ’80, mi aveva guardato in modo spaventoso già da piazza De Ferrari. La sensazione di ritrovarmelo più avanti, il pensiero che facesse un giro e si riproponesse accostando, mi è venuta da subito. Ma continuando a camminare prendevo sicurezza. “E’ andato” mi dicevo. Così mi son fermata a guardare la vetrina del negozio di scarpe, come faccio sempre a quell’ora. E all’angolo, me lo trovo di fronte che fa pipì.
Chissà se era un gesto per spaventarmi. Forse. Per esibirsi. Forse. Perché gli scappava. Forse
Fatto sta, che guardo e mi metto a ridere, lasciandolo di stucco. Una risata da bambina, tipo: “Ah, ah, ah, non sei spiritoso”
Poi non guardo la sua reazione, ma me ne vado e non mi volto. Tremo, ma sento che risale sulla macchina, sgomma e va via.
Passata la paura, mi sento una regina. Una leonessa che ha fatto vedere quanto son grandi le sue fauci. Ma accelero comunque il passo.
Proprio sotto il ponte Monumentale, quando penso di essere arrivata, vedo una cosa.
No, non è il piscione.
E’ un ragazzo tutto imbacuccato tra piumino e cappuccio. Avrà 23 anni. Il volto è quasi nascosto dalla barba leggera. Sta trafficando con dei fili seduto per terra. Tanti fili.
Mi ci vuole un po’ per capire. Lui ha quella sicurezza dei giovani quando ti guardano e lo vedi che pensano: “Fatti gli affari tuoi, signora”
Con la luce negli occhi dico affermativa: “Stai mettendo le luminarie di Natale”.
E lui, anche se è l’ultima cosa che pensava avrebbe fatto, mi sorride e dice si.
Sopra di noi il ponte Monumentale.
E sopra il ponte le Pleiadi. Come se fossero luminarie di Natale.

 


Il panda del 66

panda-225x300Oggi è un domenica, un giorno di festa. Da quando Alice mi ha abbandonato il week end è così lungo da passare. E poi io non sono un patito del calcio. E’ stato proprio suo papà a buttarmi nel cassonetto. Per il suo dodicesimo compleanno le ha comprato un biglietto per lo show di Violetta e un karaoke semi professionale. A quel punto bisognava fare un po’ di spazio nella stanzetta. D’altronde io sono un panda gigante di peluche tutto un po’ rovinato, cosa mi aspettavo.. Siamo stati insieme 8 anni. E pensare che è stato proprio lui a comprarmi nel negozio di giocattoli per i cinque anni di Alice. Chi la vita ti da, la vita ti toglie…ironia della sorte. Dunque stamane mi son tirato su le maniche, ho messo un po’ di contorno occhi dato che queste occhiaie sono un disastro e son partito per farmi un giro sul 66. Che strana questa città, fino a qualche giorno fa pareva di essere nella fase finale di Blade Runner ed ora splende un sole che sembra giugno. Quando è così bello penso sempre ad Alice, a quando i raggi filtravano dalla finestra illuminandole i capelli come grano maturo. Ma anche quando piove penso ad Alice: a quando guardavamo insieme 2 volte di seguito Kung Fu Panda perché fuori diluviava. Adesso guarderà X Factor con la sua amica Violetta? Gli amici mi dicono che dovrei non pensarci ed, ogni volta che mi viene in mente, far cose appaganti. Io ci provo, ma l’unica cosa più divertente di Alice è mangiar bambù e, insomma, non sono proprio un figurino. Devo mantener la linea se voglio che un’altra bambina mi adotti. La psicologa mi ha detto che devo puntare sull’autostima. A questo proposito mi son scritto dei punti:
1)sono l’emblema nazionale della Cina
2)sempre in Cina appaio sulle monete d’oro
3)faccio simpatia a tutti  4)mi hanno fatto il simbolo del WWF.
Poi..poi basta direi..tralasciando la saga cinematografica già citata. Quindi sono certo che presto, anzi nel percorso del 66 riuscirò a trovare una nuova bambina che mi voglia bene, magari anche più di Alice e soprattutto più di suo papà.
Ma.. quella bambina bionda alla fermata sembra proprio lei…
“Sono qui Alice, come stai bene.., non son riuscito a prenotare la fermata, sai come son gli autisti.., vuoi raggiungermi al capolinea in piazza Di Negro…?”

 


Dai trenta ai novant’anni

stelli-sul-mare_chiringuito_genova-4-300x200La spiaggia è quasi vuota e il mare quasi nero.
Qualche straniero ancora in viaggio. Una ragazza con il cane. Alcuni corrono in corso Italia. Poi ci sono loro, quelli che in spiaggia ci vivono. Se fossimo in un bar sarebbero gli avventori fissi, quelli di cui si sa tutto, non solo cosa bevono. Questi in spiaggia ci vanno sempre, basta che non piova. E’ sufficiente qualche raggio di sole.
La casa ce l’hanno, ma preferiscono il lido. Soprattutto da aprile a settembre, come se la sabbia fosse un’estensione delle loro case. Lì chiacchierano, giocano a carte, e prendono il sole. Principalmente sono amici e si sdraiano vicini, ma poi ci sono delle rivalità nel gruppo. I maschi alfa si scontrano, le più sciantose litigano perché vogliono tutte le attenzioni, ma sia gli uomini che le donne si guardano attorno. Divergono i giudizi, ma gli argomenti sono gli stessi: un topless, un taglio di capelli, i muscoli di un palestrato, qualche bacio un po’ più osé sul bagnasciuga.
L’età media è sui cinquanta, ma ci sono dei picchi.
La più giovane ha trent’anni, più matura dei coetanei, forse perché non è di qui. Non ci riesce a parlare di aperitivi e discoteche. Ogni tanto ci prova, ma poi il ragazzo di turno si mette le cuffiette e neanche l’ascolta più. Troppo preso dalle sue hit. Troppa fatica. E’ molto carina certo, ma alle ragazze della sua compagnia basta offrire da bere per ottenere ciò che vuole. A quel punto lei torna dagli habituè, che inizialmente la prendono in giro. Ma la fanno sentire subito a suo agio. Capita. Lusingata.
E poi c’è lei: la signora di novantadue anni. E’ la prima che si nota sul litorale. La sua pelle è stata così cotta dal sole da divenire dura, pare cuoio lavorato. Mi piacerebbe toccarla, forse poi ne avrei paura. L’anziana parla con tutti, a parte il fatto che ha un leggero tremore immagino dovuto all’età, sembra in ottima salute. Sa di essere la regina e dietro i suoi occhiali neri dispensa consigli, come un buon allenatore.
A volte nella vita qualcosa rende più incredibile ciò che è già straordinario. La signora nuota. Arriva fino alla boa a dorso. Non quella dei bambini, quella lontana. Quella che si fa fatica e si rimane senza fiato e qualche secondo ci si appoggia per riposare prima di tornare a riva.
Quando entra sembra che strisci verso il mare, come fanno le tartarughe. Un bellissimo esemplare. Per uscire però ha bisogno che l’aiutino in due, che la portino fuori dall’acqua. A volte entra con la camicia, il copricostume e aspetta a riva che le si asciughi sulla pelle.
Non riesco a non pensare: “E se il suo cuore non dovesse sopportare la fatica? Se quelle onde di settembre la stancassero troppo? E quella luce diffusa l’accecasse tanto da non riuscire a tornare?”
Forse le piacerebbe finire così, dentro al mare. O non ci pensa proprio perché sa che non succederà lì.
Guardarla da riva è comunque meraviglioso. Ogni sogno sembra realizzabile e tutto più raggiungibile, anche l’amore.

 


Sulla mia via (My Way)

12255768_1238470999502504_1083023145_o“Mi ritorni in mente bella come sei, forse ancor di più…”Non avevo mai pensato che fosse così difficile questa canzone. Soprattutto il momento in cui lui si accorge che lei vuole un altro. “Un sorriso..e ho visto la mia fine sul suo viso” Uno, non tanti. Ne è bastato uno, di sorriso.Questa volta al karaoke me la son cavata veramente male, non saprei quale dei tre pezzi ho cantato peggio. Non mi sono buttata sui miei, anche perché non si possono cantare bene solo quattro pezzi. Il mio repertorio sembra l’armadio di Olivia di Braccio di Ferro. È vero che qui non sanno che faccio la cantante, almeno non tutti. Ma mi è sembrato più giusto osare, per divertirmi di più. Chi vuoi che se ne accorga che non so cantare Ci vorrebbe il mare. Sì, quella di Masini, ma prendo come riferimento la strabiliante versione di Milva. Le tonalità almeno potevo controllarle. Ma qui le uniche regole sono quelle del karaoke.

Più sei cattivo e più canti canzoni d’amore. Nel karaoke c’è il tamarro, uno di quei ragazzoni di provincia che se te li vedi di notte inizi a camminare forte. Uno di quelli che truccano la macchina, il motorino, l’ape e qualsiasi altro aggeggio meccanico si muova. Ma attenzione, questo avanzo metropolitano canta solo canzoni d’amore. E più è tatuato, più è sensibile. Poi c’è il timido che ti stupisce perché prende lezioni di nascosto. Poi ci sono le lesbiche che cantano insieme a squarciagola e tutto il resto del mondo potrebbe sparire. Con rabbia e desiderio. Poi ci sono le sorelle zitelle al tavolino che non si sa perché sono uscite, dato che non si dicono una parola. Poi c’è il capo che è un tenerone astemio e non diresti mai che uno così possa gestire tutta questa folla di fulminati.

Non bere né cocktail, né birra alla spina. Al karaoke si bevono cocktail, ma ho sempre avuto il sospetto che i liquori fossero quelli dei discount messi nelle bottiglie di marca, non per risparmiare, ma al contrario per abbondare. Che poi hanno dei nomi poetici: la vodka Molotov, la crema di caffè Bellys, il Rum Millenario. Il Vodka tonic è quattro quinti di vodka, un quinto di gassosa. Il Gin tonic quattro quinti di gin, un quinto di gassosa. E via dicendo. Da svenire. Più si alza la quantità alcolica, più si abbassa la capacità di riconoscere il gusto. La spina è annacquata, meglio la birra in bottiglia. Al karaoke c’è il calcetto, ad ogni canzone d’amore e interpretazione di livello può capitare l’azione giusta e il grido: gggoooooaaallll. Al karaoke si può mangiare una pizza surgelata. E chi la mangia e sopravvive è un grande.

I classici. Una rosa blu del grande Zarrillo fatta solitamente dal tipo/tipa più marcia del bar. Se siete amanti del dettaglio e cercate bene avrà da qualche parte il fiore tatuato col colore dell’inchiostro. Non credo nei miracoli di Laura Bono fatta solitamente da una/uno che è stato appena mollato ed è sotto di brutto. I Modà in ogni loro forma e sostanza. Girasole, E poi, Come saprei di Giorgia in netta discesa per lasciare il posto a La solitudine, Tra te e il mare e Ascolta il tuo cuore in risalita dopo gli ultimi esibizionismi sudamericani di Laura. Ligabue ben classificato con Ho messo via, Ho perso le parole e Certe notti. Vasco Rossi per me è sempre vincente, ma ultimamente sembra aver un po’stancato il pubblico. Il suo pubblico sembra rivalutarlo nelle stranezze,come nel suo essere coverizzato da De Gregori in Voglio una vita spericolata.Risultato: uno che imita De Gregori che canta Vasco Rossi. Misteri del karaoke.

Gli imitatori. Data la mia passione per Mina potrei far parte di questa triste tipologia. I cavalli di battaglia sono Grande grande di Mina, Cercami di Renato Zero. Max Pezzali e Fiorello si imitano tra di loro in Sei fantastica e Finalmente tu, brani che interpretati da questa categoria creano un girone di meta-imitazione. Poi molti altri che annoiano solo ad elencarli.

La magia. Sono molte le magie del karaoke e non vorrei che parlandone svanissero. Una sera mi è capitato che un signore sulla sessantina che beveva una birra in solitudine, prendesse un microfono e stupisse con My way nella versione italiana di Fred Bongusto. Una interpretazione fatta di dinamiche e rispetto per l’originale. Appena finito se ne andò, lasciando del liquore nel bicchiere. Certa di avere immaginato, forse a causa del’alcol, lo guardai allontanarsi come un puntino nero nella notte. Sulla mia via.

 

 

 


La spiaggia della Foce

Spiaggia-della-Foce-adriano-meneghini-600x400-300x200Le spiagge più belle d’Italia le conosciamo tutti. Non si parla d’altro appena arriva maggio.
Non si parla di altro appena arriva maggio.

Per questo io mi domando delle più brutte invece. Ognuno di noi ne ricorda una brutta. Io sono ora nella più brutta. È la spiaggia della Foce di Genova. Dove il fiume si immette nel mare. Non si vede, deve essere una questione sotterranea. La spiaggia della Foce è attrezzata. Due docce dove c’è sempre la fila di gente che non è in spiaggia ma che, per un motivo o per l’altro, non possiede una doccia, una cabina dove qualche scemo fa la pipì e una turca di cui preferirei non parlare..

La spiaggia della Foce è frequentata solo da stranieri. In ordine di apparizione: albanesi, rumeni, arabi, indiani e qualche giapponese. E i cinesi? Non penso che i cinesi vadano in spiaggia.

Gli italiani in questa spiaggia si contano sulle dita delle mani, ma state pur certi che quelli che ci sono si potrebbero definire curiosi. In primis il bagnino. Un sessantenne che ha qualcosa di Vasco Rossi un po’ più in forma, ma con la pancia ed abbronzatissimo. Poi c’è uno coi capelli lunghi e biondi che è un incrocio tra un clown, uno dei Cugini di campagna e il marito di Carmen Russo. Anche lui sulla sessantina, c’è sia d’estate che d’inverno. Penso che sia il capo della spiaggia, il latin lover. La sua mira principale è una signora con capelli corvini lunghi e grandi tette che ha sempre un fiore tra i capelli ed è molto sexy.

Tutti nella spiaggia della Foce sono dotati di una Peroni fresca acquistata alla Boutique del krafen, il baretto che si incontra prima della spiaggia dove si frigge. Quindi il primo odore è quello di olio di arachidi e sabbia sporca, passato quel momento tra nausea e goduria, come direbbe il Liga, si viene colti da un misto di petrolio e fogna devastante. Quello purtroppo non passa più, qualche anno fa mi ci ero abituata, ma ora non lo sopporto. Giungiamo dunque alle condizioni del mare. Se si guarda con attenzione si vedono filamenti d’acqua più chiari, quasi bianchi. Io non ci metto neanche i piedi, ma penso di non cavarmela comunque. Penso che basti l’odore per intossicarsi. Dunque perché vengo qui?
I krafen sono i più buoni della città
È uno dei pochi non luoghi al mondo dove non mi sento straniera
I bambini sono belli, di tutti i colori e si divertono molto insieme
Quello a cui devo stare attenta è che non bevano quell’acqua, succedesse mi alzerei di scatto e come in una di quelle scene delle serie tv al rallenty direi:  “Sono un medico” facendo sputare quell’orrore biancastro al piccolo in questione.
I bambini di tutte le razze giocano nell’acqua felici, non li rivedo mai gli anni dopo, speriamo solo che abbiano cambiato spiaggia.


Una giornata al mare

13883748_10154187796431690_516502690_nIn alcune domeniche di luglio il caldo è insopportabile e dunque come resistere? Capita a tutti di sentire un pomeriggio troppo azzurro e lungo e voler prendere un treno. Spostarsi in un luogo di mare. Una giornata soli. Senza fine week end lungo, senza dover confrontare i molti siti di viaggio per trovare l’hotel che costa di meno, senza cercare qualcuno che sia libero con cui passare il fine settimana e magari litigare sul dove andare a mangiare insieme.
Una giornata al mare.
Bisogna partire presto la mattina a quindi la valigia come direbbe una nonna va fatta la sera. Cosa portare? Cosa lasciare a casa?
Intanto il contenitore è una borsa da fine settimana. Non deve essere né troppo grande, né troppo piccola. Io non ce l’ho, ma l’acquisterò per l’occasione.
Secondo me si dovrebbe portare:
– un romanzo leggero. Può essere un Wodehouse, io consiglierei Lampi d’estate se non l’avete mai letto
– un classicone, direi un russo. Io tifo per Fedor Dostoevskij e in particolare Delitto e castigo, ma va benissimo anche Bugakov Cuore di cane per esempio, per non parlare di Tolstoj, il suo Anna Karenina potrebbe essere il romanzo dell’estate.
-una rivista frivola. Se siete donne Marie Claire è la mia preferita. Gli uomini mi parlano di GQ, ma forse fossi dell’altro sesso opterei per Quattro ruote.
-abbigliamento.
Per entrambi i sessi. Partite con qualcosa di leggero ed un costume sotto.
Per gli uomini. Camicia con maniche arrotolate e pantalone leggero, non impazzisco, sincera, per il pantaloncino maschile.
Per le donne. Possono  mettere una gonna e un top.
Nella valigia dunque non deve mancare un abito da cocktail che vi permetterà di fermarvi fino a quell’ora assaporando un bicchiere di Gewurztraminer davanti al mare. E’ veramente più buono. Quindi una giacca di lino per gli uomini e magari un abito per le donne.
Naturalmente dentro al borsone ci dovrebbe essere una clutch o una  pochette per quando cala il sole.
Ora tutto quello da non portare.
Basta una parola che le racchiude tutte quelle cose lì.
No ai dispositivi elettronici.
No Smartphone, no Tablet.
-Ascoltare
Lo so, la musica al mare è bella, ma senza cuffie nelle orecchie per una volta potrete ascoltare i rumori del mare e i racconti delle persone, che a volte sono noiosi, è vero, ma vi potrebbero anche stupire. L’altro giorno in treno una signora anziana raccontava alla vicina passeggera come aveva conquistato il marito. Meraviglioso. No, non lo saprete mai, già io origliavo.
– Guardare
Non avrete la possibilità di far foto. Quando vedrete una cosa bella la dovrete ricordare. E basta. Nella mia giornata al mare sul tetto di una casa nei pressi di Varazze ho visto una famiglia di gabbiani. Mamma e papà uccelli curavano il piccolo volatile e lo trattavano come un bijoux. Non so se avete mai visto un piccolo di gabbiano. Se son brutti grandi, piccoli son peggio, grigi, spelacchiati e sproporzionati. Senza smartphone non avrei potuto fotografarli, ma solo ricordarli.
– Rintracciabilità
Nessuno vi può trovare. Basta questo e il naturale potere antidepressivo dell’acqua di mare e…buona giornata al mare.

 


Barba e capelli

barberia-insegna-300x192Oggi è il giorno giusto.
E’ cresciuta troppo e mi invecchia quando è così lunga, dimostro almeno trent’anni, mi consegna quell’aria trasandata in modo direttamente proporzionale a quanto mi raffina se ben spuntata.
Ora poi è di gran moda, alla faccia degli hipster e dei loro baffetti-icone postmoderne.
Piove e il pavimento dei vicoli è così dissestato: ora dovrei girare a destra, poi a sinistra, poi c’è la stradina col kebabbaro che tutti dicono essere il migliore.
Chi lo sa, io non l’ho mai mangiato un kebab, sono tornato quasi denutrito dalla Turchia.
Vico delle Camelie? Di Dumasiana memoria?
No, qui ci dovrebbe essere via Caprettari, ma non torna, perché?
A Genova quando piove è così buio che sembra si paghi l’eccesso di sole e azzurro delle giornate terse di settembre.
Poi in un istante mi trovo davanti all’insegna e penso subito a Fitzgerald, a Daisy e alla scena delle camicie.
“Barba e capelli, grazie.”  Sedotto dal gioco di specchi che c’è da Giacalone, dove tutto sembra più grande, mi sento in una scena de La signora di Shangai.
Che bella Rita Hayworth bionda, che furbo Welles.
Mentre delle mani mi sfiorano la faccia con gesti esperti, i miei occhi vanno al lampadario, rischio quasi di farmi tagliare..e la mia mente comincia ad immaginare una scena in tre quarti, un valzer come nel Gattopardo.
L’immagine dura a malapena trenta secondi e viene soppiantata da quella di una ragazza discinta, tipo quelle nei video dei rapper, che si dimena tra le sedie da barbiere con Marilyn Manson a tutto volume, che coverizza i Soft Cell, che cantano Tainted love.
Pago e dico: “Grazie e arrivederci.”
Mi attendono all’aperitivo: ordino un assenzio, giocando col barista che mi conosce e mi porta un cocktail a base di whisky.


Io, una discesista sociale

IMG10189-300x225Cara Cinzia,
dopo aver letto la tua lettera sul Secolo XIX ho dovuto risponderti, proprio perché in qualche modo ti capisco. Spero che la mia storia ti sia almeno di primo soccorso.

Nata a e residente nel centro di Milano, come ogni milanese figlia degli anni ’80, fin dal primo anno di vita ho passato tutti i weekend da Pasqua alle ferie in coda sull’autostrada dei Fiori per raggiungere Piani D’Invrea. Nell’amena località in provincia di Varazze, i miei possedevano la tassatissima seconda casa. Qualche anno fa, malgrado un impiego nel marketing eventi della Milano da bere, complici i liguri e il loro fascino e il mio essere una discesista sociale, una domenica decisi di non fare la coda del rientro.

In  un secondo, passai dal brunch coi bocconiani  alla focaccia pucciata nel cappuccino. A volte anche alle cipolle, qualcuno mi spieghi come fate.

Disoccupazione, stage, fallimenti.. una strage, la bomba H, lo tsunami.

A piccoli passi, con grande fatica e il passare degli anni mi sono costruita un nuovo equilibrio lavorativo. La creazione di una qualche socialità, forse è stata la vetta più difficile. Ed io non sono una timida.

Malgrado tutto questo, Cinzia, lo rifarei di trasferirmi a Genova. Magari non è come la musica elettronica e le sue contaminazioni, ma dai genovesi ho imparato:

1 A godere dell’aperitivo in modo diverso. Nell’ora felice nei bar genovesi più talebani ti offrono noccioline, patatine e olive. Esagerando un tramezzino tagliato in due. Non le apericene dove ci si lancia come in un’arena all’arrivo dell’arrosto con le patate. Questa austerità è la base giusta per quel bianco amaro che ti farà tornare a casa felice e con ancora un posticino, magari per quelle due fette di cima che avevi nel frigo.

2 La città è popolata principalmente da Highlander che superano gli ottanta, ma se guardi bene la quantità e qualità dei pazzi è altissima.
Pittori che recitano perle di saggezza con voce rauca e ridondante in stazioni o gallerie per sfruttarne l’eco. Signore d’età che vendono mazzetti di fiori e poesie con vestiti arcobaleno.
Clown con cani addestrati a cui vengono dati epiteti come fossero principi “primo, secondo, terzo” e dei quali dopo la triste dipartita le esequie vengono pubblicamente esposte e visitate dalla cittadinanza.Ex cantanti inglesi ubriachi sulla sessantina che interpretano i grandi classici della canzone popular/jazz (My way, Summertime) ma solo verso le due di notte. E molti altri che magari a me mancano, ma che hai incontrato tu.

3 Ho capito finalmente cosa intendesse il colonnello Bernacca quando parlava di tempo variabile. La mattina si gela, a mezzo giorno si schiatta di caldo e la sera magari tira un vento che ti sposta. A Milano solitamente da quando ti svegli a quando vai a dormire c’è più o meno la stessa cavolo di temperatura. Questa tecnica della cipolla a noi ètrangeer non ci entra proprio.

4 Se cerchi conferme il genovese non te le darà mai. Di nessun tipo. Quindi non lo fare, se no lo provochi.

5 Il legame col mare è una sorta di ricatto col resto del mondo. Non è come noi che spiaggiamo d’estate. E’ una cosa che, cara Cinzia, chi crede negli eventi, nei teatri e nei locali pieni, non può capire. Magari neanche ci vanno al mare in un anno, poi però loro hanno il mare e tu no. Una sicurezza che li rende ancora più serrati e solitari.

Poi il calcio e la mamma sono applicabili al sesso maschile tutto, non solo genovese.”In tutti luoghi e i tutti i laghi” canterebbe Scanu, dato che siamo reduci da Sanremo.

Se questo non ti è bastato, pensa almeno all’amore. Foreste ci rimarremo sempre. Non basta un matrimonio, come in America, per avere la cittadinanza genovese. Ma magari zitelle, no.

Il tuo Marco, se sei venuta fin da Torino, sono sicura ne valga la pena.