In fondo al mar
Io faccio l’extension alle ciglia. Mi siedo sul lettino di una algida russa che con grande maestria mi innesta questi peletti di volpe con una colla chirurgica. Detto così fa impressione, ma è molto peggio. Ho iniziato ad avere questo desiderio quando, dopo aver provato un mascara sensazionale, la mia amica mora e dallo sguardo luminoso, mi ha detto senza cattiveria: “Cavoli, ora sembra che ce le hai anche tu le ciglia!” Sono bionda e loro pure, quindi si vedono poco. L’allungamento si fa una volta al mese: non è semplice, né indolore. La durata è dalle tre alle cinque ore, la mia russa vorrebbe fare una tirata unica, ma io dopo l’ora e mezza comincio a muovermi a scatti e a reclamare di voler andare in bagno. Lei che ha già iniziato a giudicarmi male dal leggero tremore neurologico, forse dovuto semplicemente dal terrore che mi provoca, si lamenta, ha un tono severo e mi dice che le donne russe sono molto più resistenti. Certo che lo sono, penso, hanno fatto la guerra. Se tutto questo è duro quando si sta bene, figuratevi dopo una settimana di influenza. Uno stress psicofisico mica da ridere, tanto che io ho cercato di rimandare inutilmente la seduta. Se salti di nuovo l’appuntamento dovremo rifare l’impianto, dice. No, questo mai. Mi presentai a settembre la prima volta, mi avevano detto che era la più brava e avevano ragione. Mi sdraiai sul lettino alle 17 e mi rialzai alle 21.30. Stordita, mi resi conto che nel delirio avevo lasciato le chiavi di casa ai miei genitori. Quindi ero mezza accecata e anche fuori di casa. Tornando a sabato, dopo dei dolori alla schiena lancinanti, la russa si è accanita particolarmente con l’occhio sinistro che infatti è stato iniettato di sangue per due giorni. Una semplice domanda: perché tanto dolore, perché? Per essere più bella nella settimana di Sanremo, per esempio. Dunque debbo uscire sabato sera. Se no, che gran spreco. Anche solo un giretto rapido, ma che dia un senso a tanta sofferenza. Comincio a chiamare le amiche: sono tutte coi fidanzati e quelle senza non hanno voglia di uscire. Le uniche due coraggiose vanno a Ponente, io non ho la macchina e non mi voglio ritrovare a Sestri, alle due, post influenzata, con un occhio iniettato di sangue e con l’allerta arancione. Dunque mi chiama un amico: accompagnami a mangiare, mi dice. Certo. Mi copro e mi metto il cappuccio ed in una birreria mi racconta la storia del brillocco. Era lei, l’ho capito dopo tempo, ma era lei. Chi? La mia ex, la donna che vorrei accanto a me, per sempre. Su uno scoglio di Portofino le ho fatto la proposta. Le ho dato un anello di diamante disegnato proprio rifacendomi al suo viso. E lei? Lei non ha accettato. Tanto che il brillocco, in preda alla rabbia, l’ho gettato in mare….Un lancio perfetto. Vuoi dirmi che nelle profondità stanziano 10.000 euro di solitario purissimo? No, ne avevo fatto una copia ed ho lanciato quella. Innamorato si, ma scemo no. Arrivo a casa, è solo mezzanotte, ma mi sento molto stanca. Mi addormento subito e comincio a sognare sirene dalle lunghissime ciglia che danzano in fondo al mare, tutte illuminate da quell’anello spettacolare, tutte innamorate di quella lucentezza, di quella menzogna. Una fede falsa, ma bellissima. Tremo, ho freddo, mi sveglio di soprassalto, mi è tornata la febbre.