Ma la sfiga esiste?

20150615_163313Il mio televisore è un vecchio scatolone che ho trovato quando ho comprato la casa. Da mesi, come un maschio medio settantenne, guardo le offerte degli ultrapiatti:accumulo volantini di centri commerciali alla ricerca del prezzo migliore. Raccolgo, conservo, confronto, commento e quando ho tempo vado a vedere gli apparecchi. Finché insieme a mio padre non lo troviamo: Toshiba 50 pollici, Iper Rozzano, 390 euro, pochi pezzi. Se siete entrati almeno una volta in via Venti al Venti starete pensando che una tv così grande sia una sproporzione. Lo è, ma io adoro le sproporzioni. Papà lo compra, lo porta, acquista un supporto, lo monta al muro, non studio, lo aiuto, perdiamo tutti e due un pomeriggio. Mettiamo su il gigante: è bellissimo. Lo accendiamo e….non funziona. Ricolleghiamo tutti i cavi, cade l’orologio che proietta l’ora sul muro e si rompe. Insulti vari, nervosismo: “Non sei capace” “Tu non mi aiuti” “Ho preso tutto da te…” Un antennista passa per il pianerottolo, lo assaliamo, “Ci aiuti, la prego”. Stacca, riattacca, smonta, rimonta: “E’ un mistero, sembrerebbe guasto.” Lo tiriamo giù dal muro, lo richiudiamo, dobbiamo riportarlo a Milano entro sette giorni se no non ce lo cambiano più. Mio padre parte, siamo delusi tutti e due. Quando lo ringrazio cerco di farlo ridere: “Costava poco perché è rotto.” E’ tardissimo, mi aspetta la truccatrice di Dior, ieri è stata gentilissima, mi ha detto di passare che mi rifaceva un trucco veloce. Appena arrivo mi dice che ha poco tempo, sembra un’altra. Non mi spiega quello che fa, non mi parla dei colori, dei prodotti, ha fretta, pensa che io mi voglia approfittare di lei, compro una matita prugna e una mousse per lavare il viso, tutto Dior naturalmente, accenna un sorriso, ma non è più la stessa. Me ne vado, mi aspetta la dottoressa. “Purtroppo questo è il nostro ultimo appuntamento prima di settembre”-mi dice la psicologa-“Ma come, dottoressa? Le vacanze sono lontane.” “ Si, ma penso che lei abbia bisogno di una pausa per meditare” “Una pausa? No dottoressa…” “E’ stato un piacere, la penserò e si ricordi, stacchi”. “Anche io Dottoressa la penserò, arrivederci”. Vado direttamente in palestra, Luis mi curerà da tutto questo: la sua simpatia è contagiosa e poi così sfogo tutto. Salgo le scale della palestra due per volta, ma dove dovrei sentire che conta gli addominali con l’accento sardo sento una voce estranea. Maschile, ma stridula. Mi vedo un ragazzetto magro coi pantaloncini del Doria. E’ iniziata la stagione balneare. Il mio allenatore preferito è stato sostituito, ora è un bagnino. Mi guardo attorno, ma dove sono tutte quelle ragazze bellissime che affollavano la prima fila? Ci sono poche persone, quasi tutti uomini. Secondo me la palestra ha chiamato, ha avvertito, ma solo quelle fighe. “Buongiorno abbonata n 234, lei è abbastanza magra e attraente da essere informata che il corso che frequenta è stato spostato il…. ” Poche energie, quel ragazzo era un miracolo, riuscivo a fermarmi per tre corsi consecutivi, è vero che il cervello fa tutto. Faccio mezz’ora col biondo e mi trascino a casa, distrutta. Bevo uno Spritz che ho comprato pre-imbottigliato alla Lidl e mi addormento. Al risveglio apro gli occhi, mi sento energica e di buon umore, sono certa sia stato solo un incubo, come nei film, poi guardo in alto e vedo il braccio del televisore vuoto e mi dico: “Ma allora la sfiga esiste”

 

La democrazia in amore non esiste

finaleVenerdì finale di Amici 8. Sabato finale Champions League 2014-2015.Il patto nasce naturalmente: “Io guardo Amici con te stasera, tu guardi la Champions con me domani.” Mi sembra democratico, ma ci penso un po’ e vedo se ottengo una contrattazione migliore. Magari ci aggiungo il Luna Park domenica, che le giostre costano solo un euro. E’ furbo, non molla, al Luna della Foce ci andrò da sola.

Venerdì la finale inizia con la categoria danza. Inutile dire che dopo il terzo balletto divento insofferente, figuriamoci lui. Le coreografie in questa edizione sono particolarmente spettacolari e se posso permettermi, da profana, un po’ ridondanti. Trattano temi difficili: la fame nel mondo, la prigionia, l’AIDS, la guerra. L’entusiasmo è forte tra i giudici. Noi facciamo zapping, ma immagino che domani non potrò fare altrettanto. Lui lo conferma:”A me piace il calcio, la finale è sacra.” In realtà vuole solo vedere perdere la Juventus. Gli uomini diventando tifosi dimostrano il loro lato peggiore. Nel frattempo Virginia è la vincitrice della categoria ballo e inizia la sfida tra la danzatrice e i Kolors. Briga aspetta nella zona vincitori. “Ma che senso ha far gareggiare un ballerino ed un gruppo musicale?” Mi chiede. Temo che questo meccanismo sia costante nel programma. Anche io ne ignoro il significato. Improvviso: “Sicuramente serve a togliere quella che è la distinzione tra le discipline, come per creare un’opera d’arte totale”. Cerco di punzecchiare l’appossionato di Wagner che è in lui. In realtà vorrebbe che le Valchirie con la loro cavalcata calpestassero tutti i reality del mondo. Vince il cantante dei Kolors. Antonio da Caserta detto Stash. Lui ironizza anche su questo, per non parlare dei commenti che fa ai brani. Nella sfida Briga/Stash, per me dovrebbe vincere il rapper irriverente. Lui dice che va a dormire, finale finita per lui. Lunga attesa del vincitore per me. Non vince il mio preferito, il singolo dei Kolors è nettamente più forte.

Il giorno dopo tutto è pronto. Birre che neanche ci fosse una festa. In lui che non condivide mai niente, vedo una sorta di piacere nascosto nel vedere una partita con qualcuno. Mi ricorda quando mio padre ci teneva vedessi il Milan con lui, nella ricerca di un complice, il figlio maschio che non ha mai avuto. Io mi lamento, lui mi provoca, come solo i Genoani sanno fare e dice che la Juve è quasi come la mia tanto amata Italia. Non è vero, la Juve è la Juve e basta. Dopo i primi dieci minuti la partita è di una noia mostruosa e prendo in mano il libro della tesi uccidendo le sue aspettative. Resisto un po’ fino a quando, in modo irriverente, vado in un’altra stanza stanca dei suoi continui cori. Sentendomi in colpa torno nel secondo tempo al goal della Juve, immagino che ora sarà un po’ più divertente, infatti è così. La Juve torna sotto e lui è di nuovo felice. Basta poco nella vita. Io mi chiedo cosa mi dia quella felicità. La parte finale di cioccolato fondente del cornetto Algida. Guardare il mare al tramonto. Un giornale femminile nuovo di zecca da sfogliare. Cantare. Ho scoperto che l’amore non è democratico: ad ognuno la sua finale.

 

 

Dalla Prof. Lorusso alla Minagavante

scuolaLe supplenze son crudeli. Quando si inizia è un incubo perché gli allievi si approfittano del fatto che non li conosci e sei supplente. Quando si finisce è un incubo perché hai appena imparato a trattarli e li devi lasciare. Non avrei mai immaginato di commuovermi di fronte all’abbandono di 180 ragazzi. E che qualcuno si commuovesse a sua volta. Ma questa esperienza mi ha insegnato molto.
Anche io posso svegliarmi alle 6, ma solo recuperando con micro pisolini, in realtà piccoli svenimenti, durante il corso della giornata. Gridare in classe serve solo a perdere la voce. Se i compiti di castigo spaventano i ragazzi, le note servono a ben poco. Si impara a truccarsi anche sul 17 in corsa. Non bisogna mai lasciare silenzi: gli alunni soffrono della sindrome dell’horror vacui e riempiono il vuoto col caos infernale. “Cristoforo Colombo ha inventato il pianoforte“. In realtà l’invenzione è di Bartolomeo Cristofori, ma quando l’allieva l’ha detto così convinta, per un secondo, ci ho creduto anche io. E’ inutile mentire, loro ti vedono dentro e sbagliano raramente. In classe spesso sono delle carogne, bisogna essere severi in questo e cercare di minare il meccanismo alla nascita. Per esempio, se uno reclama il voto di un altro perché troppo basso, da me si becca un compito di castigo. Per alcuni dimostro 47 anni. Per altri 25. Non c’è un perché se una classe ti odia, ti odia e basta. Non c’è un perché se una classe ti ama, ti ama e basta. “Il padre di Beethoven era alcolico” Affermazione riportata in una interrogazione. Ogni classe ha un’ossessione: quando la conosci sai come affrontarla. In una classe erano le macchinette del piano terra. Bisognava evitarle come la peste. Non è detto che le ragazze siano meglio dei maschi. “Beethoven era un bambino perverso” (???Intendevano introverso) Ora so come si fa una evacuzione anti incendio. Quando gli si promette una cosa bisogna mantenerla. Quando si minaccia una cosa bisogna mantenerla. Coi bambini di prima media non bisogna essere troppo duri se no si mettono a piangere. Poi ci si sente dei mostri. Sono un po’ adolescente anche io. Non sempre capiscono l’ironia. L’intervallo con le terze è un incubo. Mai perderli d’occhio, neanche in bagno. Da una interrogazione: “I romantici essendo l’opposto degli illuministi erano tutti degli ignoranti” . Non svelare mai se sei filo genoana o filo  sampdoriana. Soprattutto ai bidelli. E sempre per citare un ragazzo: “Il piccolo Mozart era un ragazzo fenomeno”. L’espressione corretta era bambino prodigio.
Grazie. Mi avete fatto dimenticare le sveglie all’alba e, andando a dormire prima delle 22 e 30, il fatto di non aver visto neanche una puntata di The voice dall’inizio alla fine. Non vi dimenticherò. Per chi volesse salutare la prof. Lorusso e dare il benvenuto alla Minavagante presto ci sarà una festa di fine anno al karaoke di Brignole. Accorrete numerosi. E speriamo di rivederci a settembre.

 

Le rose di Santa Rita

20150525_162828Io che li rincorro per tutto l’Expo e loro che scappano e mi mandano i selfie dai padiglioni. La terza B che assaggia le specialità dell’Angola, la terza A che fa il verso alle api nell’alveare del Regno Unito e la terza L che si tira i Pamcake sulla ruota panoramica del padiglione olandese. Io che corro portandomi dietro quelli che ho trattenuto dalla fuga: una ragazza della L mi vede piangere disperata e cerca di consolarmi. Mi porta un fazzoletto e dice:” Su prof, vedrà che ora tornano.” Mi sveglio ancora spaventata, per fortuna era solo un incubo. L’estate arriva nella mia stanzetta di via Venti come una primavera russa, violenta rabbiosa ed incide sul mio sonno. Non so se più stordita o più sudata decido di fare due passi per ritrovare la ragione e, magari con un caffè, la serenità. L’aria è frizzante, vedo una certa agitazione e non capisco. Fino a quando giungo in via della Consolazione, una traversa di via Venti. Chiusa al traffico, ma aperta alla folla. Donne che comprano. Uomini dietro ai banchetti che gridano cercando di accaparrarsi le clienti. Non si riesce a respirare, sono tantissimi. Qual è l’oggetto di tutto questo traffico? Le rose. O sono italiani e le vendono belle ad un euro o sono stranieri e le vendono meno belle a cinquanta centesimi. Uno mi grida in modo persuasivo: “Bionda, vieni da me!”. Ho l’impulso di andarci, ma penso che ci manchino solo le rose a casa mia. Poi comincio a starnutire, la mia allergia paga caro questo corridoio floreale. Mi chiedo il perché di tutte queste rose, non può essere un mercato dei fiori ci sarebbero margherite, peonie, calle…Mi dicono per la Santa. “Solo rose per la santa.” A Santa Rita piaceva questo fiore perché la sua bellezza resiste alle spine che lo circondano. Allora un giorno di gennaio, malata nella sua cella monastica di Cascia, chiese ad una cugina di portarle da Roccaporena una rosa della sua terra. Naturalmente la rosa fiorì in gennaio ed avvenne il miracolo. La capisco, la Santa.  E non siamo le sole ad amare questo fiore. Shakespeare fa dire a Giulietta:”Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo.” Ricordo la prima volta che ne ricevetti una, rossa. Compivo 13 anni e arrivò con un biglietto del mio fidanzatino di allora: “Auguri, Marta”. Una rosa rossa significò almeno una cinquantina di sberle da parte di mio padre che non credette ad una amica così premurosa da inviarmi un fiore per posta. Sono protagoniste nello Chanel 5, rose di maggio, colte a mano nelle prime ore del mattino, quando si schiudono, per essere poi lavorate entro un’ora dalla raccolta. Rosa come il colore che amo, ma non so vestire. Rosa come il fiocco sui portoni quando nasce una bambina, che chi lo vede non può non sorridere. Rosa come la patente. In Rose come la vie di Edith Piaf. Rosa come tutte le Rosamaria, Rosalba, Rosaria. Rosa che è rosso più bianco. Rosa come il lucida labbra. Ed ora rosa come il fiore di Santa Rita, la santa del 22 di maggio.

Da Facebook alle mille lire

20150518_180746Uno dei bisogni primari dell’uomo è da sempre quello di comunicare. Oggi è molto facile soddisfare questa necessità infatti le nostre bacheche di fb sono piene di messaggi tipo: “Taac doccetta”o stati più profondi come “Io sto col Nepal” o qualsiasi altra frase che uno abbia l’esigenza di scrivere e condividere. Ed ecco che in pochi secondi avviene il miracolo. Neanche il tempo di postare e Giuliana condivide, la zia mette il Like e quello che mi piace? No, quello non mi scrive mai niente. Ma una volta? Quando i social non esistevano in che modo si accontentava questa urgenza? Per i più dissidenti c’erano i muri, per quelli più coraggiosi il proprio corpo (il boom dei tatuaggi è relativamente moderno) per tutti gli altri c’erano le mille lire. Oggi potrebbe sembrare dissacrante scrivere sul Dio denaro, ma sulle mille lire no, era solo divertente. Gaetano Pisani che negli anni ’90 faceva il casellante e quindi di mille lire ne vedeva molte, raccolse nel 1993 le più belle in un librettino edito dalla stampa indipendente. L’altro giorno l’ho ritrovato e credo che alcune valgano la pena di essere ricordate. Molte di queste scritte potrebbero essere sulle bacheche del social blu o di Twitter o di qualsiasi altra diavoleria mediatica. Altre no, perché meravigliosamente vintage. Proviamo a catalogare..

Ci sono le scritte tipiche da Smemoranda. Ad esempio:

La scuola è come uno scherzo. Bella quando dura poco. Hd 5111975E
Per paura di restare infelici restiamo infelici per sempre 10/10/90 Nf 932016J
Paolo tu sei per me la luce ti prego non lasciarmi nel buio Ce 282786 M

Poi ci sono alcuni detti un po’ folli tipo:
Se fumi Marlboro ti amo e ti adoro se fumi Muratti ti amo da matti se però non fumi niente ti amo ugualmente(scritta vicina) testa di cavolo, figlio di buona donna GF370689P
Tutti siamo cornuti Rf1234444I
Siete tutti dei pasqualotti Re563893H

Poi quelle autobiografiche:
MIO FIDANZATO TI AMO Dd17477588I
Sono a letto con una gamba rotta Fg26262522G
Rossella è veramente una scema Dd2277788H
Mi chiami alle 8 Zl385756463M
Ti voglio male Hp38383474R
Ho preso otto nel compito di matematica. Sono secchiona. Qz4465748Q

Poi quelle ideologiche:
Fermiamo la guerra Zp 2322990H
Stop a sfratti infami Gf 54397U

Infine quelle sgrammaticate come la bellissima:
Chi muoie sta bene Tf 4459677S

E molte altre ancora. Il numero vicino è quello di serie. Per concludere vi vorrei fare una domanda. Io non ho mai visto cinque euro scritti e voi? Troppo nuovi? Troppo di valore? Troppa crisi? Diventerebbero non validi? In Europa non si usa?
Ho ritrovato i miei trucchi di Dior proprio oggi grazie al bidello Paolo. Varrebbe la pena scriverlo da qualche parte….

 

Il Giro di via XX Settembre

20150510_164345A maggio certe domeniche aprono la strada all’estate. E mentre tutti sono al mare a divertirsi e Via Venti è desolata, io studio. Ma quasi costantemente, cosa che rende inutile la fatica di stare a casa, vengo colta da quella che chiamo la sindrome del Sorpasso. Mi riferisco allo splendido film di Dino Risi del ’62. Per chi non lo ricordasse: Vittorio Gassman irrompe con la scusa di far una telefonata nell’afoso pomeriggio di Ferragosto del giovane Jean Luis Trintignant, che sta cercando di preparare un esame. Naturalmente il cialtrone convince lo studioso ad abbandonare i libri e seguirlo in strampalate avventure pomeridiane. A me capita sempre così, arriva Bruno Cortona e devo rimandare, per esempio, la scrittura di indice e bibliografia della tesi di musicoterapia. Questa volta il mio disturbatore è stato proprio il Giro d’Italia. Per quanto non ami particolarmente il ciclismo, l’evento sportivo mi ricorda solo cose belle. Fu grazie al Giro e al cugino Cintone che lavorava nell’organizzazione, che conobbi meglio quella che era allora la mia insegnante di canto ed è ora, la amica. Sempre per vedere la gara passai bellissimi pomeriggi al bar del mio ex fidanzato, dove si ascoltavano i commenti degli anziani sui ciclisti e si riempiva il pomeriggio tra una pallottola di birra ed un’altra. Questa volta però, sola, ho guardato la gara con più attenzione. Nella tappa ligure, per il gran Premio della montagna il Giro ha raggiunto Sciarborasca, frazione sopra a Cogoleto. In quella tratta, stremati da caldo e stanchezza, i ciclisti stavano arrancando visibilmente. Ed ecco il miracolo: l’applauso della gente, le coreografie preparate da mesi, la devozione verso gli atleti, l’amore per quello sport così faticoso. Un applauso, un grido e hanno ricominciato a a pedalare dimenticando la fatica. Penso che tutti noi, nella vita, avremmo bisogno di un gruppo che ci aspetta, magari proprio nel percorso che facciamo per andare a lavoro, e ci dice:”Dai, che ce la fai”. Magari proprio di lunedì o prima di un esame o di un appuntamento. Qualcuno che, per vederci meglio, si arrampica su un muretto e ci esorta a continuare la salita. Noi neanche li guardiamo, ma quelle parole, ci bruciano dentro come una musica che restituisce energia. Anche io ho aspettato il Giro quest’anno insieme ai pochi rimasti in Via Venti: gli anziani che si lamentavano del caldo improvviso, il libraio che ha tenuto aperto, la ragazza che sorveglia il palazzo. E quando sono arrivati veloci come astronauti, come alieni di un B movie degli anni ’70, abbiamo gridato insieme: “Dai, che ce la fai”

 

L’incontro del secolo

matchManca poco all’inizio del Match, abbiamo deciso di vederlo tutti insieme allievi e maestri, in palestra scorreranno fiumi di birra. A me gli alcolici non sono mai interessati a parità di calorie preferisco un piatto di ravioli. Come li fa la mia mamma. Mi metto quella maglia che mi ha sempre portato fortuna, lo aspetto da mesi questo incontro, la aspetto da sempre la vittoria di Manny Pacquiao, quella che lo renderà il più grande pugile del mondo. E’ spericolato ed incauto. Attacca, aggredisce anche se è piccolo di altezza, anche se il suo allungo è minore, ma le usa come delle fionde quelle braccia il filippino. Lui che si conquista sempre il centro del quadrato. Quanto è aggressivo sul ring, Pac Man è un benefattore nella vita: è l’eroe del suo popolo. I soldi che vince li usa per aiutare i poveri.. e file davanti a casa sua, tutti con ricette del medico e del supermercato. Lui che con le vittorie costruisce ospedali, che nel 2010 è stato eletto onorevole nel Parlamento Filippino. Durante i suoi match il tasso di criminalità scende perché anche i delinquenti sono davanti ai maxi schermi a vederlo picchiare e battersi anche un po’ per loro. Poi il pugilato è spettacolo. Mettilo al tappeto quel diavolo, mettilo al tappeto Manny, combatti come un guerriero e poi canta la tua canzone, quella che parla della tua gente, del fatto che lotti per loro.
Io di pugilato non ne so niente. Ma stasera devo vedere questo combattimento, se no poi di cosa parlo con quei fighi della palestra. Ho preso anche il caffè dopo le 17 per rimanere sveglia, che vuol dire contorno occhi aggravato, o volgarmente zampe di gallina, ma d’altronde la diretta da Las Vegas significa le 4.00 di notte italiane. Dato che se non tifo non mi diverto, per chi tenere? Be’ ho visto che tra gli ospiti c’è Paris Hilton, basta vedere con chi sta la mia bella ereditiera. Poi leggo due o tre cose sui due protagonisti. Da subito mi colpisce quello che si chiama Mayweather, forse per il significato del nome: il tempo di maggio, profumo di rose. E bellezza. Come le sue gambe potenti, come i suoi addominali scolpiti, come i suoi bicipiti che pulsano sangue e rabbia. Guardo due foto su Google e vedo il suo letto ricoperto di banconote da 100 e 500 dollari. Immediatamente ci sono io tra le banconote, completamente nuda. Tiferò lui. Lui che boxa per imitare suo padre, per sfogare la cattiveria agonistica e non. Il suo combattere è come un rap e infatti ne ha di amici cantanti: da Justin Bieber a 50 Cent con cui ha fondato anche una casa di produzione la Team Money Records. E di nuovo sono la stella della TMR, bella come Beyonce e eccentrica come Nicky Minaj, fatta di extension di ciglia e hot pants fosforescenti. Io che come lui amo il lusso sfrenato, io che come lui vorrei guidare un giorno una Lamborghini, un altro una Ferrari o ancora una Rolls. Io che non penso che i soldi siano la felicità, ma che la felicità non esista e che esistano solo i soldi. Le denunce domestiche da parte delle sue donne? Sicuramente se le sono cercate. Le donne sono terribili quando vogliono. Me lo immagino un Tyson, uno che combatte, che ti butta al tappeto, come ha buttato al tappeto me. Invece no. Si difende. Ma d’altronde la difesa è il miglior attacco. Non è ancora iniziata e gli occhi mi si chiudono, ma sono sicura Money vincerà.
Sono con te Floyd, sono con te.

 

Un week end da Dior

cerchio crom“Il visagista di Dior sarà presente in profumeria per alcuni giorni. Prenda un appuntamento al più presto” mi dice la cassiera con delle ciglia quasi oscene da quanto sono lunghe. Penso all’unica volta in cui mi sono trovata in una situazione simile: il mitico truccatore dagli occhi blu, mi ipnotizzò ed acquistai qualsiasi cosa mi dicesse essermi utile. Il risultato non fu un rossetto, ma uno dei rossi in banca più imbarazzanti. Non superò, comunque quello in cui prestai una cifra spropositata ad un amico alle tre di notte, che per convincere mia madre che non era stato un ladro, dovetti fingere di avere avuto una crisi compulsiva notturna da shopaholic. Poi mi ricordo che nella mia vita, ormai da un paio di mesi, ci sono solo ragazzini di 13 anni, i loro flauti dolci e numerose sveglie all’alba, ma soprattutto, finalmente, uno stipendio. Dopo alcuni giorni, dunque, lo sto già aspettando in profumeria mentre è in pausa pranzo. Appena entra, elegantissimo con occhiali da sole e un baffo all’Umberto I di Savoia, lo riconosco immediatamente. Dato il feeling, provo da subito a dare il meglio di me: passo dallo spiegare il trucco che vorrei a interrogarlo sui cenni storici della maison Dior.  “Be’ se vuoi questo effetto fari nella notte, come l’hai chiamato, dobbiamo lavorare sui complementari del verde” Tasta il terreno per capire quanto sono preparata, io che mi sono appesa in casa il cerchio cromatico, gli sparo subito i malva, i prugna, i rossi. Avessi mai imparato il circolo delle quinte allo stesso modo. Si ritorna a Dior e addirittura lo si mette a confronto con Chanel. Qui imparo veramente. Comincio a pensare che qualsiasi cosa acquisterò non sarà mai abbastanza. Dior come rosa, come New look, come uso dello sfarzo in tempi di dopoguerra. Li immagino i metri di stoffa, le gonne a ruota in un momento in cui meno materiale si usava meglio era. Torniamo alle mie sopracciglia che mi disegna meravigliosamente come un pittore. C. Dior era molto superstizioso, mi dice, dopo le molte richieste che lo volevano a lavorare per la moda, lo convinse solo trovare una stella per terra. Il trucco è fatto, le labbra? Be’ il rosso 999 fu proprio uno dei due dettagli di una sua sfilata che rimase storica, mi racconta. L’altro? Il profumo. Tutte le modelle lo indossarono, litri e litri di profumo furono versati creando un ricordo olfattivo fortissimo a tutti coloro che parteciparono. Di fronte a questo quasi mi ribalto con lo sgabello. Per pochi secondi mi vedo sfilare, una femme–fleur in abito confetto con litri di Miss Dior e un 999 alle labbra. Non ho fatto in tempo a dirtelo Alessio, ma io il rosa e il rosso li amo insieme. A questo punto completiamo il look con un profumo di seduzione. Speriamo serva a qualcosa Alessio, ma anche se non fosse, oggi sono felice lo stesso. Tanto che il giorno dopo, malgrado il prezzo speso alla cassa, mi ripresento. Temo mi guardi male e invece gentilissimo mi dice: “Siediti sullo sgabello. Dove eravamo rimasti? Ah, sì, la più grande passione di Dior erano proprio i fiori ….”

 

Morning for Dummies

mattinaPer me la mattina è sempre stata

– l’esame dal sangue. O di musicoterapia. O di pianoforte complementare. Comunque un esame.

-tornanare a casa dal karaoke di Brignole e alla chiusura essere trascinata a bere un ultimo drink da qualche parte. Malgrado dicessi “Devo andare a casa” prima o poi venivo sopraffatta da una livida alba.

-andare in palestra con calma dopo la colazione. C’erano solo le vecchiette e insieme facevamo ginnastica dolce mentre mi raccontavano delle nipoti.

Quelle mattine erano abitate da operatori ecologici che mi guardavano in modo strano perché a piedi nudi, pensando non ci fosse nessuno sotto al portico di via Venti, portavo i tacchi in mano.

Ora tutto è cambiato.

Ma io, dopo un mese di tentativi,  l’ho presa la mattina. Quindi mi sento di dare delle istruzioni per l’uso per chi come me dovesse cambiare abitudini da un momento all’altro.

1) Andare dal farmacista non serve a niente. Per quanto amico o vicino di casa, malgrado voi facciate una scenata che meriterebbe un Oscar, dicendo con occhiaie pronunciate:”Mi dia qualcosa per questo jet lag costante”. Lui non vi darà niente, anche con una certa soddisfazione, dato che è una vita che si deve svegliare presto. Al massimo potrete spendere una quindicina d’euro per un po’ di melatonina. Ve la sconsiglio: dormirete uguale, ma al risveglio sarete ancora più addormentati.

2) L’unico modo reale per essere meno stanchi è andare a dormire prima. Molto prima, nel mio caso specifico. Se uno pensa a quanto è prima, non si addormenterà mai. Quindi, con un opera che neanche nei metodi teatrali migliori, bisogna convincersi che sia più tardi.

3) Buio e luce sono i due migliori amici del cambio abitudine. Fare buio il più presto possibile per addormentarsi e molta luce per svegliarsi.

4) Utilizzare occhiali da sole. Per una vampira come me neutralizzano la luce odiosa delle 7.00 e restituiscono sempre quel non so che di cool.

5) Se si utilizza un autobus tendere a sedersi nei posti singoli. La mattina è abitata da pazzi pericolosi, molto più della notte.

6) Se ce la fate a sentire musica prima delle otto, fate una compilation di massima energia. La playlist dipende da voi: musica elettronica, heavy metal, rock puro, Masini….

7) Se riuscite, durante il giorno, recuperate con un sonnellino. Vi giuro tornerà tutto più bello.

8)Questo pensavo di non dirlo mai nella vita: fate colazione.

Con questa affermazione chiedo scusa a tutti i medici, nutrizionisti, dietologi, venditori di Kinder brioss che ho sbeffeggiato nella mia esistenza, senza dimenticare i proprietari di Bed and Breakfast coi quali patteggiavo prezzi diversi dato che mi bastava un caffè.

Per me, ora sarà difficile ricominciare a dormire la mattina. Ma si sa, nella vita quando sai le risposte ti cambiano le domande.

Per fortuna, malgrado i preziosi consigli, non si cambiano i propri ritmi: se non siete mattinieri, non lo sarete mai. Anzi, forse vi riconoscete come me nei versi di “Mettimi giù“di Sergio Caputo.

“…chiudi un po’ la finestra

che la luce di nuovo giorno

mi fa sempre paura.”

 

 

La mia prima gita da prof

20150410_102742Appena entrata nella nuova sala professori, non avevo ancora capito in che classe avrei dovuto cominciare la mia supplenza, mi si avvicina una prof dal piglio pratico che dice: “Senti vieni in gita venerdì? la collega che sostituisci sarebbe venuta e io non posso andare a tutte le gite.” Dal suo fare immagino di non avere vie d’uscita e mi appello solo a possibili impegni artistici. Che detta così non ci crede già nessuno. Lei mi scruta con sospetto mentre tiro fuori un’agenda semivuota dove per quel giorno l’unico appuntamento è unghie ore 13, che comunque non ce la farei perché esco da scuola alle 13 e 50 ed il centro estetico è dall’altra parte della città.
Mentre penso: “Maledizione, non sposterò mai l’appuntamento del gel.” Le dico: “Va bene.” Senza chiedere quale fosse la destinazione, senza contestualizzare la data nel temibile libro delle circolari, ma facendo parlare solo l’istinto.
Rimuovo fino al Lunedì. Ancora non so niente di dove si andrà, ma scopro che il sabato, giorno successivo alla gita, si va a scuola per un recupero, quindi un’ulteriore sveglia alle sei e trenta. Sfogliando il libro nero sul tavolo di legno leggo inoltre, dalla Circ. S/191, che sempre quel sabato è l’ultimo per consegnare i pagellini. Il che significa 180 voti da mettere. Io che sono ordinata. Quelle righe piccolissime. Non si possono compilare a casa, solo a scuola. Cerco di rimuovere anche questo. Scopro che sempre nello stesso sabato è programmato il coro degli alpini e devo far cantare tutte le mie terze insieme a loro. Posso rimuovere anche questo…?
Martedì tramite Circ. S/192 so finalmente di che morte devo morire: trekking sui forti. Io pensavo fosse una visita all’Acquario di Genova o alla mostra sugli Espressionisti a palazzo Ducale. No. Trekking sui forti, abbigliamento comodo. Sfoglio il libro delle circolari nel caso ci fosse uno psicologo per gli insegnanti.

Giovedì sera, ore 18. 45. Giungo a casa dopo una riunione di tre ore sul curricolo verticale, comincio a cercare l’abbigliamento comodo. Trovo una tuta, Pepe jeans, decente. Ok. Ma sopra? La cosa più sportiva che ho è un parka rosso di Benetton. Peso specifico 1 kg. Dovrei forse comprare uno di quei piumini sportivi 100 grammi. Sono le 19.30, scendo in via Venti, ma è ormai tutto chiuso.

Ore 21. Cerco lo zaino. Preparo il pranzo al sacco. Ho dei biscotti senza zucchero, dei pomodori ed una mozzarella. Perfetto. Metto tutto insieme in un contenitore d’alluminio.

Ore 22. Trovo quella pochette blu Bacio Perugina comprata a Londra che pensavo di aver perso. Gioia. Continuo a cercare lo zaino.

Ore 23.  Mi ricordo di aver donato lo zaino a mia madre. La sveglia suonerà tra sei ore e venti minuti. Scelgo la tracolla più leggera, è in velluto coi fiori, marca Coccinelle. La indosso già e svengo.

Venerdì, ore  7.00. La prof di educazione fisica è la capa dell’impresa, in aula professori si vocifera una da temere. Appena mi vede mi dice che ha vietato tassativamente ai ragazzi di portare borse a tracolla. Solo io ce l’ho. Mentre cominciamo a salire il sole batte e il parka pesa mostruosamente. Percorriamo 13 km con dislivello 400 metri fino a raggiungere il forte Diamante. Un ragazzino dice che dimostro 42 anni. Un altro impietosito mi chiede di portarmi la borsa. Arrivata in alto un’iper ossigenazione che se non svengo è un miracolo. Tutto il mio pranzo si è spantegato creando una sorta di Smoothies disgustoso. Però devo ammettere che le prof erano molto simpatiche, in particolare la super sportiva. I ragazzini geniali. Le guide Pino e Augusto dei leader carismatici sessantenni che vanno avanti a montagna e caffè corretto grappa. Il panorama superbo. Forse i miei geni valdostani si fanno sentire. E’ stata una giornata bellissima, certo non la dimenticherò.