Domenica al museo di Scienze Naturali.

20150125_173047Le domeniche d’inverno dormirei tutto il giorno. Mi viene qualcosa addosso che anche se mi sveglio più tardi rispetto alla settimana non basta mai. Come se il corpo sapesse che può permettersi di non far nulla tutto il giorno oltre a trascinarsi dal divano al letto e viceversa. Ne ho anche parlato con il medico di base che dice che è la mente che fa tutto. Ma non ho avuto il coraggio di porgli la domanda: “Dottore, è possibile che io vada in letargo?”Le caratterisitiche sono proprio quelle. Ci sono delle medicine per contrastarlo? Degli antidoti? Ieri ne ho trovato uno e non in farmacia. Il museo civico di Scienze Naturali Giacomo Doria di Genova. Era tempo che volevo visitarlo data la passione per gli animali, soprattutto se imbalsamati. In mezzo ai bambini che correvano da ogni parte quasi felici come me, ho scoperto che tutte le bestie che ci sono, sono il risultato di viaggi che, nel XIX secolo, il museo finanziò in terre allora inesplorate dal punto di vista naturalistico. Gli studiosi genovesi arrivarono fino all’arcipelago Mentaway in Sumatra, alla Birmania e alla nuova Guinea e se ne tornarono al Doria con tutti loro animali conservati nell’alcool.  Appena si entra nel museo sembra di essere tornati indietro di trent’anni, non c’è niente di contemporaneo o 3D o super tecnologico. Solo bestie imbalsamate o sotto spirito. Qualche foto degli anni settanta e spray antimosche dentro alle vetrine. Gattoni che sembrano disegnati da Louis Wain, psittaciformi esotici, farfalle con accostamenti cromatici così belli da rubarli per nuovi outfit ed un cartello molto divertente se si immagina letto con la cocina: “La savana è chiusa”. Poi quelli che chiamo gli special guest ovvero vetrine paesaggio con piccola descrizione molto romantica e vintage. Tipo: galline selvatiche nel loro abitat, inverno. Quasi delle sequenze cinematografiche. Meravigliose. Quando vedo gli sposi a Boccadasse che fanno le foto mi sono sempre chiesta dove avrei fatto le mie. Ora lo so, al museo di Storia Naturale Giacomo Doria. Ma le foto di quale matrimonio?

 

Mi muove

13781965_10210233115132400_3315419459712464985_n (1)“Cosa ti muove?”mi ha chiesto Bobby Soul dato che presenterò il suo nuovo video Mi muove alla Claque di Genova il 16 gennaio.

“Sicuramente una buona dentatura maschile” ho risposto. Chi mi conosce sa che guardo gli uomini in bocca come fossero cavalli. Fedez mi muove molto per esempio.

Cercando di andare più nel profondo ho trovato i saldi. Per un paio di pantaloni faccio chilometri ed una volta ho addirittura preso un interregionale per un paio di scarpe.

Non contenta, scavando al fondo, ho recuperato Albano Carrisi e Romina Power. Non c’è niente che mi faccia l’effetto della loro “Ci sarà” a Sanremo ’84. Mi muove meglio del Vov.

Un po’ troppo superficiale? Dunque come sempre, quando non so, mi guardo intorno e risponde Via Venti.

Nell’interno vicino al mio c’è lo studio di due commercialisti. Lavorano tanto: entrano alle 9 ed escono alle 21 con la ventiquattrore strabordante di carteggi e contratti. Sono molto indaffarati e quando i tre ascensori parlanti tardano ad arrivare fanno le scale a piedi piuttosto che perdere un minuto. Li muove il loro lavoro? Basta osservare la maniera in cui si sorridono, il modo in cui si prendono cura l’uno dell’altro nei pochi momenti liberi e si capisce che li muove il fatto di stare insieme.

Di fronte a me c’è un ragazzo studioso. Quando arrivo da lezione è alla finestra che studia. Quando esco la sera è sul tavolo che studia. E quando torno al mattino lo vedo ancora lì sul letto che studia. Un giorno ho sentito qualcuno che cantava nelle vicinanze e un po’indispettita, dato che non ero io a farlo, ho cercato di capire chi fosse. Guardo alla finestra e vedo proprio il secchione con le cuffie nelle orecchie che balla e gorgheggia. Non è la laurea che lo muove, ma Kiss di Prince.

Di sotto c’è una prostituta. Penso che sappia fare molto bene il suo lavoro data l’affluenza di clienti. Vi sarà capitato di incontrarla per via Venti. Chiunque la veda non può esimersi dal guardarla. Quando passeggia in tutto lo splendore del suo corpo da pantera è un tripudio di occhiate di passanti e gomitate di fidanzate. Lei guarda tutti dall’alto con un sorriso soddisfatto. Essere la regina di Via Venti è quello che la muove.

Raccontare storie. Questo mi muove, oltre ad una bella dentatura maschile, i saldi, Albano Carrisi e Romina Power naturalmente.

Oggetti del desiderio: dai Saldi a Van Gogh

van goghPer me i saldi son sempre stati la ricerca dell’oggetto del Desiderio. Qualcosa che avevo bramato durante la stagione, ma che non potevo permettermi o che non avevo il tempo di cercare. Degli stivaletti Chanel, un abito in velluto, un Borsalino con le piume, una sottoveste di La Perla. Quest’anno no. Quest’anno sono troppo scoraggiata dai must di stagione che proprio non mi appartengono.
Pellicce fake coloratissime
Carriarmati ai piedi
Giubotti di pelle corti
Abiti glitterati
Tutone onesie
Stendiamo un velo pietoso sul fatto che la moda premia sempre di più quel mix che si chiama: ho 16 anni, mi trucco come se ne avessi 30, compro solo da H&M, sono andata adesso da Mc Donald e ho guardato il mio fidanzato che mangiava un Big Mac, lui ha i pettorali e fa il pugile, io ho i leggins che mi tengono su il di dietro.
Dunque i saldi sarebbero stati per la prima volta una visione, un’esperienza contemplativa. Tradotto avrei comprato a causa della frustrazione pezzi folli che non avrei mai messo.
Dunque ho deciso: quest’anno si va a Milano in Corso Buenos Aires, il regno della percentuale al ribasso. Giunta in stazione Centrale mi carico… imboccato il corso da Piazzale Loreto sono pronta all’acquisto folle. Non ho avvertito nessuno che sarei arrivata.
Sono una scappata di saldi.
Calzedonia. Le calze sono importantissime. Le autoreggenti carissisime. Prendo il cestino, ne compro per 37 euro. Vado alla cassa, mi sento più furba di tutte le milanesi, più charmant. “No scusi, non passa. Riprovo?” Mi chiede la commessa come se avesse già vinto la scommessa. Io, coraggiosa, algida e non curante, sapendo già quello che sarebbe successo, dico: “Riprovi”….. E poi …”Mi tenga il sacchetto che ripasso”, povera, misera Francesca.
Vado nella prima Sampaolo, mi hanno insegnato di non regalare mai commissioni alle banche e vedo che ho disponibili solo 14 euro.
Comincio a camminare. Naufragio. Perdita. Solitudine. Raggiungo Palazzo Reale. La mostra di Van Gogh, uno dei rossi che amo di più e si sa che io ho un debole per i rossi. Costa 14 euro. Entro. I colori dei prati e dei cieli mischiati, indistinti superano un Carré di Hermès, che per me vuole dire il Paradiso. Molto più dei saldi. Eccolo il mio oggetto del desiderio.

 

 

Quant’è difficile il trash di Capodanno

igleEbbene sì, sono stata reclutata per la Notte di Capodanno a Madonna di Campiglio. Ogni volta che ci penso nella mia testa si scatena un immaginario di cappellini, labbra rifatte, lingue colorate, papillon e acido ialuronico… ci troviamo tra un cinepanettone dei Vanzina, un Fantozzi post moderno e un Terry Guilliam d’annata. Ma voi non sapete la difficoltà di scalettare una serata così. La prima parte è quella del Cenone quindi gli ospiti mangiano e ho deciso di cantare i brani che conosco, magari un po’ di jazz…sicuramente Mina, Battisti, Paoli.. ma mentre si avvicina la mezza devo cominciare a discostarmi dal mio solito repertorio sadness, se no il rischio è che ci sia un picco di suicidi a Capodanno proprio in Trentino. Quindi mi sono mossa così:
Stella Sei di Tozzi (remix) sarà il pezzo che accompagnerà verso la mezzanotte. Ve ne propongo due strofe perché secondo me neanche Dino Campana nei Canti Orfici…
Stai stella stai su di me, questa notte come se 
fosse lei, fosse Dio, fosse quello che ero io 
Polaroid stella stai dolce vento di foulard visto mai, visto mai 
che mi sospiri di più, che mi sospiri di blu. 

Stai stella stai come lei meno donna e un po’ gay 
chi lo sa tanto sei la mia stella stella stai 
corpo a forma di esse, dolce piede sul mio gas, quando 
vo, quando sto, 
per sospirarti di più per sospirarti di blu

Subito dopo il conto alla rovescia delle 12 il classico Disco samba, quello con Brasil e Meu Amigo Charlie per capirci, proporrò quel figaccione di Enrique Iglesias e la sua Bailando che mi hanno reso la vita impossibile negli ultimi due giorni:
Nelle prime ore del nuovo anno arriva secondo me il climax della serata, il momento più trash dell’anno. Io compongo la mia playlist non con i classici YMCA che mi incastro sempre con la pronuncia, I will survive che ormai è un po’ sorpassata o Maracaibo che Rhum e cocaina sembra una roba da nostalgici degli anni ottanta. Ma:
Cicale di Heter Parisi che era la sigla dell’edizione di Fantastico 81/82 e che vi consiglio di vedere nel video originale in tutta la sensualità del body anni ’80, dell’ accento americano e del naso non proprio alla francese. Vi propongo parti del testo ermetico del brano, alla ricerca di una soluzione insieme:
sole rosso fa l’arancia.. 
di lassu’ 
luna gialla fa il limone.. 
di quaggiu’ 
per cui la quale 
cicale cicale cicale 

cica cica’.. 
e questo e’ brutto e questo e’ bello.. 
chi lo sa’.. 
merlo del castello.. 
vola e va’ 
cica cica’.. 
io sto’ qua.. ah.. 

Poi chiuderei il momento trash proponendo un capolavoro assoluto di Jannacci Vengo anch’io? No tu no. Lascio in pace almeno nella prima notte dell’anno, tanto la si riprenderà in tutte le feste del 2015, Gianna e il mitico Rino Gaetano. Vengo anch’io? No tu no sarebbe da citare tutto, ma penso che basti questo estratto per ricordarne la genialità
Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore 
Vengo anch’io? No tu no 
Dove ognuno sia gia` pronto a tagliarti una mano 
un bel mondo sol con l’odio ma senza l’amore 
e vedere di nascosto l’effetto che fa
Vengo anch’io? No tu no 
Vengo anch’io? No tu no 
Vengo anch’io? No tu no 
Ma Perché? Perché no 

Infine per chiudere e per dire alla gente che è arrivata l’ora di risalire nelle proprie stanze d’albergo 5 stelle e invece per me di ritornare a Genova spero non nella tempesta di neve, un capolavoro che mi emoziona ancora e mi fa da madaleine delle medie, periodo di grande felicità, Alba chiara di Vasco Rossi
Buon Capodanno Trash a tutti!!!!

 

 

Non sono solo parole

chupitovasoIo m’innamoro delle parole e anche di chi le sa usare. Le parole possono essere il make up della lingua. Possono cambiare l’intenzione, il pensiero, il suono, l’immagine di una persona. Ormai scegliamo qualsiasi cosa: la cover del telefonino può essere coi fiori se andiamo ad un appuntamento romantico o riportare gli ingredienti del Moijto se invece stiamo andando all’aperitivo. A casa vogliamo un caffè? Possiamo scegliere tra 22 cialde che si chiamano Volluto, Arpeggio, Roma, Livanto, Capriccio, Così… Immersi in tutte queste scelte quotidiane, volte secondo alcuni a migliorarci la vita, spesso dimentichiamo di decidere quali parole…Usiamo quelle che girano, come virus e che molto spesso sono brutte. E’ vero la bellezza è negli occhi di chi guarda, dunque parlerò per me: ecco il podio delle tre parole più brutte di questo 2014.
Il terzo posto se lo aggiudica
CI STA
non proprio una parola, ma un’espressione. Anche io la usavo fino a quando Max Manfredi, in modo non molto simpatico, ma estremamente efficace mi chiese:
“Scusa potresti non usare più quell’espressione?”
Subito ci rimasi male, mi offesi e in sua presenza cominciai ad usarla ancora di più per dispetto, ma poi capì.
Questa cosa ci sta, quell’altra pure, succede qualcosa e si dice ci sta guardandosi con una certa complicità. Ma cosa ci sta? Chi ci sta? E dove? Da cosa deriva? Dai facili costumi di qualcuno? Dal fatto che si può portare in borsa perché ci sta?
Il secondo posto se lo aggiudica una parola spagnola.
CHUPITO (un colpo)
Usata nella lingua madre probabilmente non mi dispiacerebbe neanche, ma l’abuso di cui se ne sta facendo in Italia mi addolora. Soprattutto perché pronunciato dai giovanissimi che potrebbero invece usare la sua traduzione, molto più simpatica, come si fa già in molte zone delle Marche. Appena pronuncio quella parola penso alla Movida nei vicoli, a ragazzini coi brufoli che prendono in giro altri ragazzini coi brufoli solo perché hanno cellulari meno belli, alla formula un Chiupito un Euro, ai leggings indossati col sedere grosso, ai miei nonni quando andavano a bere un cordiale insieme, anzi  a quando mia nonna guardava mio nonno bere un cordiale.
Ed eccoci al podio, la parola più brutta che ho sentito quest’anno che mi ha dato subito una sensazione di nausea, di sciattezza, di perdita, di anti-poesia, quasi di svenimento. E’ una parola composta. E se già nella sua prima derivazione è brutta, in questa ultima è veramente agghiacciante. In più è assolutamente una parola da Capodanno, il che la rende ancora più orribile e legata ad un immaginario di cappellini, fischietti, gioia ad ogni costo, ubriacature violente, crostacei precongelati, voulevant, foto di pietanze su Facebook, fallimenti personali, solitudine e vuoto.
APERICENONE
Dunque cari amici e lettori facciamoci un chupito prima dell’apericenone che ci sta.

 

Caro Gesù Bambino….

20151220_192054C’era chi scriveva a Gesù Bambino e chi a Babbo Natale. Ho sempre pensato che questa fosse una questione di maggiore o minore laicità della famiglia di appartenenza, ma non è così detto. A scuola era un po’ come tra genoani e sampdoriani. O tra torinisti e juventini. Poi con le altre tifoserie non funziona il paragone, anche se sono due per città. Una lotta dura. Ed ecco che una volta ad 8 anni ho tirato i capelli ad una sciacquetta che sosteneva che Gesù Bambino non esistesse, ma Babbo Natale si. Io le dicevo figurati se quel nonnino ce la fa senza badante a venire da Nord e girarsi tutto il mondo con la slitta e lei controbatteva che dalla grotta di Betlemme il problema era lo stesso per un poppante che non sapeva neanche stare in piedi. A questo punto fu la rissa. La maestra è arrivata e ci ha diviso, ma già da allora avrei dovuto capire certe cose su alcune donne. Me compresa. Comunque che sia vera una o l’altra ipotesi è arrivato il momento della lettera. Mi ha sempre messo un po’ in crisi questa missiva e pensare che dovrei essere una professionista. Ho scritto infatti:
molte lettere d’amore che a dire il vero non sono andate a buon fine, alcune lettere di presentazione che solitamente venivano cestinate, una lettera di lamentela che non ha assolutamente risolto il problema, nessuna lettera di dimissione, una lettera d’addio che era molto triste, 4 lettere di san Valentino che invece erano le migliori, dato che infangavo i falsi anticonformisti che odiano San Valentino….
Caro Gesù Bambino,
non sono certa di essere stata abbastanza brava quest’anno, decidi tu. Ecco i misfatti:
ho rubato un astuccio pieno di penne bellissime dopo l’esame del tfa. So che è stata una brutta azione, ma era stato abbandonato nell’aula vuota e avevo bisogno di qualcosa per tirarmi su dopo quella pessima performance
Una sera ho bevuto più birre di quante poi mi son ricordata di pagare, non per cattiva volontà, ma per oblio da frumento.
Poi più o meno il resto è trascurabile.
Secondo un’autovalutazione è andata meglio dell’anno scorso, quindi ti darei il diritto di scegliere tra le tante cose che vorrei per questo Natale. Naturalmente se non tutte, almeno 3 o 4.
Volevo informarti che l’ordine di apparizione che vedi nella lista è casuale, non è una classifica.
Capisco che tu sia molto preso, però avrei una certa urgenza perché solitamente il regalo più bello era quello del mio fidanzato e quest’anno non penso che lo riceverò. Motivo di più per meritarmi almeno 5 o 6 tra le cose desiderate
Dunque….vorrei………………………………………..
Per chi volesse leggere il resto della letterina può trovarla sotto l’albero nella Portineria di via Venti Settembre 20. Temo che svelando i desideri su fb non si realizzino. Buona scrittura anche a voi!

 

 

Nel weekend dell’Immacolata

immacolata-concezioneNel weekend dell’Immacolata più che mai il mondo si divide. Da una parte ci sono quelli che stanno in coppia e dall’altra quelli che stanno da soli.
Quelli che stanno in coppia hanno tante possibilità.
Ci sono i mercatini di Natale nelle capitali europee, quei viaggi classici ed intramontabili che le agenzie programmano da Ferragosto. Quando vedo i dépliant in vetrina mi fa lo stesso effetto della collezione invernale a luglio… Poi c’è la meta parigina, che si va proprio se si è innamorati, dato che la capitale francese è cara sempre, ma forse nel week end dell’Immacolata di più. C’è chi decide di stare in famiglia e fare l’albero, che tutti gli anni lo si aspetta da quando lo si toglie. C’è chi cucina e chi va a sciare, chi fa shopping regali e chi va alla fiera degli Obej Obej di Milano per festeggiare Ambrogio, il santo protettore. In generale nel ponte dell’Immacolata si sta con chi si ama e lo si ama anche un po’ più del solito.
Poi ci sono quelli che sono soli. Che l’atmosfera di Natale è dura quando si sta da soli. Ma l’Immacolata è peggio. Ecco dunque cosa faccio io nel giorno dell’Immacolata, un po’ come delle personali regole di sopravvivenza.
1) Mi sveglio il più tardi possibile, alla faccia di “il mattino ha l’oro in bocca” ripetuto da Jack alla macchina da scrivere nella mitica sequenza kubrickiana. La giornata è già abbastanza lunga, così.
2) Invito, chiamo, chiedo aiuto ad amici e conoscenti in modo assolutamente inutile. Tutti presi con palline, torrentelli di ceramica (esondanti nel caso genovese), vin brulè e cioccolate calde. L’approccio del mondo all’Immacolata ricorda quello che lo stesso ha nel montare i mobili dell’Ikea: un delirio tra onnipotenza ed incapacità alternato a tratti di personalità maniaco depressiva.
3)  Vado verso un famoso discount tutta imbellettata, prendendo spunto da una foto di Sharon Stone che avevo ritagliato e non trovo più, in cui era ritratta mentre faceva la spesa in pelliccia di giaguaro. In mezzo ai pochi che hanno scelto per un giorno così speciale quella location, compro i prodotti più di lusso, tipo lo champagne centellinato, il sugo di capriolo, la pasta lavorata al bronzo…Naturalmente non credo né di aver mai mangiato, né che mangerò, soprattutto sotto Natale, quel sugo, che mi ricorda la mamma di Bambi e il cacciatore, ma alla cassa ho fatto una scena da Hollywood.
4) Quando finisco la colazione deluxe comincio a cantare al karaoke personale Il giorno dei giorni di Ligabue ed altre hit, scatenandomi su Bailando di Enrique Iglesias tra una canzone e l’altra. Insomma una pazza, ma felice.
5) Per terminare la giornata ora vado a guardare, incontrare, salutare le Immacolate nelle Chiese della zona: sicuramente quella della Consolazione e quella di Santo Stefano. Studierò le espressioni, gli sguardi abbassati, i dettagli delle mani e delle corone di queste regine immuni dal peccato.
Peccatori o no, soli o in compagnia: Buona festa dell’Immacolata a tutti.

 

Le Pleiadi di Natale

pleiaIeri notte, mentre tornavo a casa ancora per metà balena, ma non abbastanza sporca di trucco per esserlo interamente, come in una epifania, mi è apparsa via Venti.
Non ero più nei miei pensieri, nella mie ossessioni, nei tuoi silenzi. Ero in via Venti e la guardavo.
Bellissima e spaventosa nel silenzio, come se di notte pagasse un dazio per la confusione dei suoi giorni.
Accarezzata solo da una pioggia leggera.
Un luogo di fantasmi e matti.
Un’ isola stonata e solitaria.
Ed io in questo carosello, come ogni volta che torno di notte, ero la protagonista assoluta.
Un tizio solitario in una macchina bianca, poteva essere una Citroen degli anni ’80, mi aveva guardato in modo spaventoso già da piazza De Ferrari. La sensazione di ritrovarmelo più avanti, il pensiero che facesse un giro e si riproponesse accostando, mi è venuta da subito. Ma continuando a camminare prendevo sicurezza. “E’ andato” mi dicevo. Così mi son fermata a guardare la vetrina del negozio di scarpe, come faccio sempre a quell’ora. E all’angolo, me lo trovo di fronte che fa pipì.
Chissà se era un gesto per spaventarmi. Forse. Per esibirsi. Forse. Perché gli scappava. Forse
Fatto sta, che guardo e mi metto a ridere, lasciandolo di stucco. Una risata da bambina, tipo: “Ah, ah, ah, non sei spiritoso”
Poi non guardo la sua reazione, ma me ne vado e non mi volto. Tremo, ma sento che risale sulla macchina, sgomma e va via.
Passata la paura, mi sento una regina. Una leonessa che ha fatto vedere quanto son grandi le sue fauci. Ma accelero comunque il passo.
Proprio sotto il ponte Monumentale, quando penso di essere arrivata, vedo una cosa.
No, non è il piscione.
E’ un ragazzo tutto imbacuccato tra piumino e cappuccio. Avrà 23 anni. Il volto è quasi nascosto dalla barba leggera. Sta trafficando con dei fili seduto per terra. Tanti fili.
Mi ci vuole un po’ per capire. Lui ha quella sicurezza dei giovani quando ti guardano e lo vedi che pensano: “Fatti gli affari tuoi, signora”
Con la luce negli occhi dico affermativa: “Stai mettendo le luminarie di Natale”.
E lui, anche se è l’ultima cosa che pensava avrebbe fatto, mi sorride e dice si.
Sopra di noi il ponte Monumentale.
E sopra il ponte le Pleiadi. Come se fossero luminarie di Natale.

 

Con orgoglio di balena

balenaNon succede mai niente e poi certi lunedì succede di tutto. Quel lunedì ricevetti 3 telefonate una dietro l’altra.
La prima: “Buon pomeriggio Sig.na Lorusso è libera lunedì alle 15 per un colloquio nella nostra scuola?” “Certo ci sarò, maestro….”
Felice per la notizia ricevuta, dopo dieci minuti arriva la seconda telefonata. E’ un’amica e mi chiede:
“Fra una bella notizia, mi sostituisci in una scuola?””Certo Pia, ma quando?” “A partire da questo lunedì alle 15” “Ah, proprio alle 15…Mi sembra perfetto, ci sarò”
E infine dopo gli ormai rituali dieci minuti il telefono inizia a squillare:”Fra, ti ricordi di me?” “Certo, come stai, Fabrizio?” “Molto bene, ti vorrei proporre una parte” “Che meraviglia, fammi indovinare: ci vediamo lunedì alle 15 per parlarne?” “Ma come fai a saperlo?sei una veggente….”
La parte è quella di una balena, Moby Dick.
Dopo la gioia iniziale, penso che forse è arrivato il momento di mettermi a dieta. Togliere i carboidrati. Togliere le birre.
Così anche raccontando agli amici: chi più, chi meno… un sorrisino, uno sguardo, una risata, una battuta:”Non hai fisico, cioè non abbastanza….”
Di notte comincio a leggere l’opera di Melville e mi rendo conto che la grandezza del personaggio non ha niente a che vedere col suo peso. Nella mia testa la balena prende corpo: è bella e imponente. Le balene fanno di tutto: una balena può saltare come un delfino e caderti addosso con la forza di una montagna, una balena può sfondare le fiancate di una nave, inghiottirne l’equipaggio e stuzzicarsi i denti con i remi. Nel romanzo è vista come un grande mostro bianco, ma è in realtà una femmina, una madre del mare. Una forza della natura, candida e gigantesca. Una regina che canta il suo dolore. E’ stata infatti ferita dagli uomini che cercano di ucciderla per ricavarne denaro. Un olio che illumina le stanze, lubrifica gli orologi sui caminetti e serve per l’unzione delle teste dei regnanti. Da qui la lotta tra l’uomo e la natura. E se la balena è la natura l’uomo è il capitano Achab. Ma lui non la vuole come gli altri per le monete che gli procurerà. Ma perché è vivo solo dentro a quella caccia, perché Moby Dick è il limite da superare, il Dio da pregare e poi rinnegare, l’incarnazione dei demoni che tormentano gli esseri umani. Il capitano Achab deve ucciderla.
“Moby Dick non ti cerca. Sei tu insensato che cerchi lei” scriveva Melville.
Ho trovato anche il profumo di Moby Dick, Alien Absolute essence. Profumo di pulito, di donna, di acqua.
Con orgoglio,
la Balena Bianca.

(Citazioni in corsivo dall’adattamento teatrale del regista Fabrizio Lo Presti dell’opera Moby Dick di Hermann Melville)