Teresina

unnamed-180x300Si sa che gli uomini non sono fedeli. Non la uso come una giustificazione, anzi come un merito. Una sfida. Così da tutta la vita. Certo un po’ è il mio carattere, come cerco sempre di spiegare allo psicanalista, non ho mai creduto nella monogamia, nessuno ci crede, qualcuno semplicemente se la impone.
La città non è più vuota neanche d’estate, colpa della crisi che se li porta via solo nei week end, magari lunghi. Così rimango nel traffico ore e Chat, WhatsApp, Facebook, Twitter..
Stasera da chi comincio?
Direi con l’ufficiale: Anna, la mia fidanzata. Bella e ricercatrice, sempre così impegnata. “Tesoro stasera sei libera?” “Stasera? Amore come ti viene in mente, lo sai che c’è l’anniversario dell’archivio di Firenze, devo assolutamente esserci, mi faranno certo un’intervista” “Domani?”“Ma proprio non mi ascolti quando parlo: domani ho la pizza con gli archeologi, sai si sentono così soli dopo l’ultima riforma del governo, il loro lavoro è sempre più ai margini. Hanno bisogno di me. Guardiamo in agenda. Ecco tra due settimane, venerdì ho la serata libera, segno cena con Federico?”
Segna segna..ho una strana sensazione, mi manca un po’ il respiro. Sarà colpa di questo nuovo filtro dell’aria condizionata, devo farlo cambiare, maledette macchine giapponesi. Dovevo comprare una tedesca, c’erano anche gli ecoincentivi.
Intanto sono davanti al bar di Lucilla. Una barista dolce e disponibile, vuole dormire abbracciandomi se no non prende sonno. Potrei passare la notte con lei, magari farmi qualche Bloody Mary prima, è così brava ad equilibrare i cocktail. Lucilla vorrebbe una bambina, se la meriterebbe anche, con gli occhi grandi e chiari come i suoi. Il muso al posto del viso. Lei non impazzisce per la mia vita professionale. Pensa che ci sia qualcosa di falso nel mio lavoro, le porta una certa diffidenza nei miei confronti. Come non darle torto. “Bellezza, stasera chiudo alle due..” Di aspettare in mezzo a tutti quegli alcolizzati che le guardano le tette non ne ho proprio voglia.
E poi ho la testa che pulsa, non è proprio un male…forse l’hardware del mio cervello è pieno. Dovrei fare un po’ di pulizia. Mi ci metto al più presto. Buttare dei pensieri, ricrearne di nuovi, più positivi. PNL docet.
E’ ancora abbastanza presto, potrei andare a prendere Rebecca alle prove. Un’attrice impegnata. Il teatro è tutto per lei. Ma io non sono il teatro, anzi gli attori in generale mi stanno anche un po’sulle palle. Sono poco autoironici, più spietati dei professionisti. Lei ai suoi colleghi, invece di chiedere come va, chiede: “Stai lavorando?” Una guerra tra poveri. Rebecca ha uno sguardo intenso, ma è bloccata. Arenata nei suoi personaggi, unico regalo che si fa, unica forma di esistenza. La realtà non è più capace a viverla. E io stasera vorrei fare l’amore.
Quando sto così solo quello è meglio dello Xanax.
Rimane Jasmine. Sento il suo odore già a due chilometri di distanza. E’ un po’ più giovane, ma dimostra di più. Jasmine è bellissima, intelligente, ambiziosa, scrittrice. Non mi stanco mai di Jasmine. Ma purtroppo è lei che si stanca di me. La sto pensando e lei è già a Roma a scrivere una fiction. “Ok tesoro quando torni chiamami”
“Tu sei pazzo Federico” “Si certo, pazzo di te”
Insomma mi tocca andare a casa da solo, ma ho una strana sensazione, le vertigini, male alla bocca dello stomaco, lo so non dovevo mangiare sushi oggi, non sembra migliorare, anzi. Mi fermo un attimo. Guarda che tramonto. Peccato star così male, forse gli esercizi di yoga ora mi farebbero bene, non li faccio mai, maledetta teresina, son sempre su poker on line nel tempo libero. Un pensiero mi coglie. Ma se nessuna di queste mi volesse più? Se dovessi rimanere solo, stasera? E se dovessi rimanere solo anche domani sera? Per fortuna avrei il tablet….e se non ci fosse linea? Non può ho il 4G, me l’ha assicurato quello della telefonia. Forse mi potrebbe capitare come a quel mio amico che è andato in vacanza nel ponente ligure e non prendeva niente…Oddio mi sento male..
Forse sono io a non volerle vedere. Tutte loro, le loro subpersonalità mi hanno proprio stancato. E c’è la narcisista, la fobica, la maniaco depressiva. Posso farne a meno, posso dire addio a tutte loro. Posso disintossicarmi. Per un po’ mi lasceranno in pace. Sai com’è? Ora scrivo un bel messaggio ad ognuna, tanto non si conoscono.
Una delle più importanti regole dalla quale non sgarro mai è che le mie donne non si conoscano tra di loro. Se si odiano è un guaio, se si amano è un guaio ancora peggiore.
Mi sembra già di stare meglio. Devo scaricarle, tutte. Con un unico messaggio.
Sms: “Cara, sei adorabile. Ma ho bisogno di un momento di riflessione, sulla mia vita e su di noi. Vorrei ritrovare la versione HD di me. E per farlo devo dirti
Da Nobel, bellissimo, raffinato ed elegante. Ora lo scrivo alle quattro ragazze. Anzi perché limitarsi? A tutti i miei contatti femminili, a tutta la rubrica. In questo modo staranno zitte, mi lasceranno in pace. Io non ho bisogno di loro.
Aggiungi 137 contatti.
Invia.
Finalmente respiro, il battito è tornato normale e mi sento bene.
Ora posso fare finalmente una bella teresina.

 

 


Sulla mia via (My Way)

12255768_1238470999502504_1083023145_o“Mi ritorni in mente bella come sei, forse ancor di più…”Non avevo mai pensato che fosse così difficile questa canzone. Soprattutto il momento in cui lui si accorge che lei vuole un altro. “Un sorriso..e ho visto la mia fine sul suo viso” Uno, non tanti. Ne è bastato uno, di sorriso.Questa volta al karaoke me la son cavata veramente male, non saprei quale dei tre pezzi ho cantato peggio. Non mi sono buttata sui miei, anche perché non si possono cantare bene solo quattro pezzi. Il mio repertorio sembra l’armadio di Olivia di Braccio di Ferro. È vero che qui non sanno che faccio la cantante, almeno non tutti. Ma mi è sembrato più giusto osare, per divertirmi di più. Chi vuoi che se ne accorga che non so cantare Ci vorrebbe il mare. Sì, quella di Masini, ma prendo come riferimento la strabiliante versione di Milva. Le tonalità almeno potevo controllarle. Ma qui le uniche regole sono quelle del karaoke.

Più sei cattivo e più canti canzoni d’amore. Nel karaoke c’è il tamarro, uno di quei ragazzoni di provincia che se te li vedi di notte inizi a camminare forte. Uno di quelli che truccano la macchina, il motorino, l’ape e qualsiasi altro aggeggio meccanico si muova. Ma attenzione, questo avanzo metropolitano canta solo canzoni d’amore. E più è tatuato, più è sensibile. Poi c’è il timido che ti stupisce perché prende lezioni di nascosto. Poi ci sono le lesbiche che cantano insieme a squarciagola e tutto il resto del mondo potrebbe sparire. Con rabbia e desiderio. Poi ci sono le sorelle zitelle al tavolino che non si sa perché sono uscite, dato che non si dicono una parola. Poi c’è il capo che è un tenerone astemio e non diresti mai che uno così possa gestire tutta questa folla di fulminati.

Non bere né cocktail, né birra alla spina. Al karaoke si bevono cocktail, ma ho sempre avuto il sospetto che i liquori fossero quelli dei discount messi nelle bottiglie di marca, non per risparmiare, ma al contrario per abbondare. Che poi hanno dei nomi poetici: la vodka Molotov, la crema di caffè Bellys, il Rum Millenario. Il Vodka tonic è quattro quinti di vodka, un quinto di gassosa. Il Gin tonic quattro quinti di gin, un quinto di gassosa. E via dicendo. Da svenire. Più si alza la quantità alcolica, più si abbassa la capacità di riconoscere il gusto. La spina è annacquata, meglio la birra in bottiglia. Al karaoke c’è il calcetto, ad ogni canzone d’amore e interpretazione di livello può capitare l’azione giusta e il grido: gggoooooaaallll. Al karaoke si può mangiare una pizza surgelata. E chi la mangia e sopravvive è un grande.

I classici. Una rosa blu del grande Zarrillo fatta solitamente dal tipo/tipa più marcia del bar. Se siete amanti del dettaglio e cercate bene avrà da qualche parte il fiore tatuato col colore dell’inchiostro. Non credo nei miracoli di Laura Bono fatta solitamente da una/uno che è stato appena mollato ed è sotto di brutto. I Modà in ogni loro forma e sostanza. Girasole, E poi, Come saprei di Giorgia in netta discesa per lasciare il posto a La solitudine, Tra te e il mare e Ascolta il tuo cuore in risalita dopo gli ultimi esibizionismi sudamericani di Laura. Ligabue ben classificato con Ho messo via, Ho perso le parole e Certe notti. Vasco Rossi per me è sempre vincente, ma ultimamente sembra aver un po’stancato il pubblico. Il suo pubblico sembra rivalutarlo nelle stranezze,come nel suo essere coverizzato da De Gregori in Voglio una vita spericolata.Risultato: uno che imita De Gregori che canta Vasco Rossi. Misteri del karaoke.

Gli imitatori. Data la mia passione per Mina potrei far parte di questa triste tipologia. I cavalli di battaglia sono Grande grande di Mina, Cercami di Renato Zero. Max Pezzali e Fiorello si imitano tra di loro in Sei fantastica e Finalmente tu, brani che interpretati da questa categoria creano un girone di meta-imitazione. Poi molti altri che annoiano solo ad elencarli.

La magia. Sono molte le magie del karaoke e non vorrei che parlandone svanissero. Una sera mi è capitato che un signore sulla sessantina che beveva una birra in solitudine, prendesse un microfono e stupisse con My way nella versione italiana di Fred Bongusto. Una interpretazione fatta di dinamiche e rispetto per l’originale. Appena finito se ne andò, lasciando del liquore nel bicchiere. Certa di avere immaginato, forse a causa del’alcol, lo guardai allontanarsi come un puntino nero nella notte. Sulla mia via.

 

 

 


La spiaggia della Foce

Spiaggia-della-Foce-adriano-meneghini-600x400-300x200Le spiagge più belle d’Italia le conosciamo tutti. Non si parla d’altro appena arriva maggio.
Non si parla di altro appena arriva maggio.

Per questo io mi domando delle più brutte invece. Ognuno di noi ne ricorda una brutta. Io sono ora nella più brutta. È la spiaggia della Foce di Genova. Dove il fiume si immette nel mare. Non si vede, deve essere una questione sotterranea. La spiaggia della Foce è attrezzata. Due docce dove c’è sempre la fila di gente che non è in spiaggia ma che, per un motivo o per l’altro, non possiede una doccia, una cabina dove qualche scemo fa la pipì e una turca di cui preferirei non parlare..

La spiaggia della Foce è frequentata solo da stranieri. In ordine di apparizione: albanesi, rumeni, arabi, indiani e qualche giapponese. E i cinesi? Non penso che i cinesi vadano in spiaggia.

Gli italiani in questa spiaggia si contano sulle dita delle mani, ma state pur certi che quelli che ci sono si potrebbero definire curiosi. In primis il bagnino. Un sessantenne che ha qualcosa di Vasco Rossi un po’ più in forma, ma con la pancia ed abbronzatissimo. Poi c’è uno coi capelli lunghi e biondi che è un incrocio tra un clown, uno dei Cugini di campagna e il marito di Carmen Russo. Anche lui sulla sessantina, c’è sia d’estate che d’inverno. Penso che sia il capo della spiaggia, il latin lover. La sua mira principale è una signora con capelli corvini lunghi e grandi tette che ha sempre un fiore tra i capelli ed è molto sexy.

Tutti nella spiaggia della Foce sono dotati di una Peroni fresca acquistata alla Boutique del krafen, il baretto che si incontra prima della spiaggia dove si frigge. Quindi il primo odore è quello di olio di arachidi e sabbia sporca, passato quel momento tra nausea e goduria, come direbbe il Liga, si viene colti da un misto di petrolio e fogna devastante. Quello purtroppo non passa più, qualche anno fa mi ci ero abituata, ma ora non lo sopporto. Giungiamo dunque alle condizioni del mare. Se si guarda con attenzione si vedono filamenti d’acqua più chiari, quasi bianchi. Io non ci metto neanche i piedi, ma penso di non cavarmela comunque. Penso che basti l’odore per intossicarsi. Dunque perché vengo qui?
I krafen sono i più buoni della città
È uno dei pochi non luoghi al mondo dove non mi sento straniera
I bambini sono belli, di tutti i colori e si divertono molto insieme
Quello a cui devo stare attenta è che non bevano quell’acqua, succedesse mi alzerei di scatto e come in una di quelle scene delle serie tv al rallenty direi:  “Sono un medico” facendo sputare quell’orrore biancastro al piccolo in questione.
I bambini di tutte le razze giocano nell’acqua felici, non li rivedo mai gli anni dopo, speriamo solo che abbiano cambiato spiaggia.


Tutto in una notte estate

pallonciniStasera vorrei passare una serata tranquilla. Domani stare in spiaggia tutto il giorno: lettino, bibita, libro. Come quelle vere sciure de Milan. Pare che sia bello, speriamo. Ultimamente i metereologi sembrano ubriachi. E sembra di essere in Scozia. Senza i castelli. Almeno bagna il giardino.
In paese c’è un concerto swing all’Osteria prendo la macchina e vado, sarebbe un peccato perderlo. Il gruppo che suona è ingaggiato da due locali quindi invece che girarsi o da uno o dall’altro, suona nel mezzo. Verso una porta di ferro chiusa. Mah. Dall’altro locale, quello che non ha partecipato parte una musica tunz a manetta. Tutti si lamentano, “Incivili”, gridano. Sincera, a me piace di più la musica tunz. Un pensiero mi attraversa. Mi viene da piangere. Decido d far due passi. Il paese di mare è al suo climax, ballerini di tango si esibiscono in ogni dove. Mi viene sempre più da piangere. Non ho mai saputo ballare il tango, sarei più portata per la polka, per la mazurka. Una volta in questo paese c’era la festa dell’Unità sul molo e ballavano quei balli lì. E io guardavo sognante le coppie che avevano atteso per tutto l’inverno che arrivasse la festa dell’Unità. Si erano esercitati ogni giorno con dedizione proprio come nelle loro relazioni fatte di serate a casa, di film in prima visione alla tv, di racconti quotidiani. Ci avevano messo dell’impegno ed erano migliorati.
Mentre i ballerini si lanciano in passi sinuosissimi incontro un ragazzino, vede che piango e mi parla.
E’ simpatico, è di passaggio, non c’è su facebook.”Mi dice so io cosa ti ci vuole” e mi porta da un suo amico pizzaiolo. È egiziano e si chiama Pasquale. Ma non era egiziano? Si, ma il nome vero non se lo ricorda nessuno.  Pasquale ci cucina una cotoletta. Io son di Milano e volevo mangiare una pizza, ma sbagliavo perché la cotoletta è meravigliosa. Al tavolo c’è una psicologa che si diletta di canto, sta facendo un’audizione alla figlia della proprietaria. Dice che la voce non è abbastanza in testa, mi sembra che centri Jung.
La cotoletta piace anche al ragazzino, forse anche la psicologa piace al ragazzino.
È sposato, dimostra vent’anni e gli piacciono i Beatles.
L’amico della figlia della proprietaria ha tredici anni e una pistola giocattolo. Parte un colpo. Forse non è giocattolo. Io grido, la psicologa se ne va. Saluto tutti, ma Pasquale mi dona un etilometro portatile, anche detto “il palloncino”. Mi dice: “Non si sa mai” Andando verso la macchina trovo un tipo sporco di sangue che mi chiede se ho visto una ragazza sporca di sangue, del suo sangue, sottolinea. Scappo, ma vorrei chiedergli cosa c’è che non va. Vicino alla macchina trovo dei palloncini rossi rimasti dall’esibizione di tango. Li prendo, li metto nel retro della macchina, insieme a quello che indaga la gradazione alcolica. Parto. Inizia a piovere fortissimo. È il meno, penso. Una bomba d’acqua.
Domani doveva essere bello, dovevo andare al mare. Doveva essere una serata tranquilla..