I fuochi di San Pietro

fuochi123.20. Sono a letto, il primo mare stanca, sto leggendo Pornokiller e mentre mi chiedo come sia il color salnitro, arriva il primo rintocco. In realtà è un botto. Gli uccelli che abitano sugli alberi di Carignano lo sentono alcuni secondi prima e spaventati cominciano a far casino. Sono i fuochi della Foce che mi fanno pensare immediatamente dove fossi gli anni scorsi il 28 di giugno. Naturalmente non me lo ricordo. Forse a cantare Non ho l’età o Stupendo in qualche karaoke, ma l’importante è che se a quell’avviso solitamente avrei indossato la prima cosa sulla sedia e mi sarei precipitata sul ponte monumentale a vedere lo spettacolo colorato, questa volta no. Non so se sto cercando di capire qual è il mio sistema di rappresentazione preferito o semplicemente sto diventando vecchia. Abbandono Cubeddu e da dove sono comincio ad immaginare guidata dai rumorosi spari.

Lei sta per tornare a Torino col treno di mezzanotte, si è goduta fino all’ultimo la gita a Genova oggi, tanto mare, qualche bagno ed ora questo mercatino dove ha comprato il vestitino dell’estate. E’ certa che con quello smanicato a V andrà a ballare sabato sera e lo riconquisterà. Lui ha preso una cotta per un’ altra, l’ha vista l’ultima volta al Sun, ma in realtà le ha detto che non è più innamorato di lei. Non è vero. Basterà l’abito rosso, un po’ di vino e quelle scarpe che gli piacevano tanto e che aveva indossato proprio quando lui l’aveva portata a Genova a fargli dimenticare quella sciacquetta. Ed eccolo lo spettacolo dei fuochi: che bello sarebbe vederli con lui, pensa. Ma non riesce a godere neanche di questo piccolo attimo di felicità, da sola.

Per fare colpo l’ha portata al mare. Lui che Genova non la ama neanche tanto. Lei è bellissima, una bambina, anche lui si sente più giovane da quando la frequenta. E pensare che con la sua ex era finita da tempo, se non fosse arrivata questa ninfetta chissà quanto l’avrebbe trascinata ancora quella storia. Ma stasera di fronte a lui non c’è la sua ex, come l’ultima volta che avevano cenato lì e trovando una coda allucinante sull’autostrada per Torino si era pure incavolato. Ora farebbe tutte le code del mondo per star mezz’ora in più con lei che, sotto la luce di questi fuochi, è ancora più bella.

“Ma quanto beve e mangia sto vecchiardo” pensa. Da subito non le era sembrata una buona idea andare al mare, ma lui ha tanto insistito. Chissà se riusciremo a tornare a Torino prima che chiuda il Sun, c’è quel buttafuori che è proprio un manzo e tutte le volte mi guarda come se non ne avesse mai vista una. Poi mi può far fare la stagione gratis, sta alla porta di tutte le meglio discoteche di Torino, mica come questo poveraccio che stasera si sta spendendo il mese. Se continua a mangiare ostriche, non ci arriviamo in tempo dal manzo. Poi magari gli viene la colite in autostrada.”Caro, ci conviene andare prima che finiscano i fuochi, se no sai che casino”

Pum. Pum. Pum. Lo spettacolo pirotecnico è terminato, sono i primi che “sento” nell’estate ed ho espresso un desiderio, come quando mangio le prime ciliegie. Ma se lo dico non si avvera.

 


Estate di matti e supermercati

20150622_140716E’ iniziata l’estate e, come sempre, nei fine settimana, via Venti si svuota. Dalle radio risuonano i tormentoni e nei bar si sente ordinare pizza e cappuccino dagli stranieri. Vorrei vedere la faccia dei baristi, ma me la immagino e basta così. In giro per la città, oltre a me che solitamente dovrei studiare, rimane un’unica categoria: i matti. A Genova sono tantissimi. Tutti ne incontriamo, amiamo, odiamo, adottiamo, osserviamo, evitiamo  almeno uno al giorno o alla notte.Questa è la loro stagione: liberi girano per il centro soffrendo il caldo, che, meno detestabile rispetto al freddo, per loro è comunque detestabile. Per evitarlo e rigenerarsi, prediligono i supermercati, dove l’aria condizionata è altissima.

Il mio preferito è giovane, 35/40 anni, ha i dred, è alto e gira solitamente tra Carignano e via Venti. Per un po’ ho pensato fosse straniero, forse francese, ma poi mi hanno detto che è italiano. Ha uno sguardo dolce e adora il Carrefour. Solitamente lo si trova lì che monologa guardando i prodotti sugli scaffali. Li sceglie e confronta come una brava massaia. Parla a bassissima voce, non si capisce cosa dice, ma non disturba affatto. Dopo la sua “spesa” che dura ore, arriva alla cassa sempre solo con una lattina di Coca Cola. Ottima scelta penso, tutte le volte che lo vedo. Una volta ero in via Venti quando ho visto che è entrato da Desigual, negozio di abbigliamento etnico. Forse attirato da tutti quei colori accesi pensava che il negozio fosse la fabbrica della Coca Cola. Resosi conto dell’errore, è uscito un po’ stordito, sempre parlando a bassa voce, seguito solo dallo sguardo stupito della commessa.

Poi c’è quello di Albaro che solitamente si trova alla Lidl. Lui è veramente il più divertente. Non penso superi i 30 anni. Pelle olivastra, moro. Adora gli annunci. Si trova una buona postazione e comincia a fare la voce delle ferrovie italiane. “Il treno per Savona delle ore 14 e 15 arriverà al binario due. Si fermerà nelle stazioni di: Genova Principe, Genova Voltri, Arenzano, Varazze, Albisola, Celle Ligure, Savona. Ci scusiamo per il ritardo.” Quando si stanca delle ferrovie, si muove verso le casse e dice:“ Chiude cassa due e apre cassa quattro, din din, attenzione, vi chiediamo di riporre i vostri acquisti sulla cassa quattro. Grazie.” I cassieri lo amano molto, come tutti coloro che sono in coda.

Ma in questa città c’era chi giocava libero. Non aveva bisogno di supermercati, preferiva i luoghi chiusi come la galleria Mazzini o la stazione di Principe. Non era tematico, ma creazione, pura improvvisazione. Ogni tanto, quando cammino in via Venti, mi sembra di sentirlo. Qualche rumore, una voce roca, una frenata. Purtroppo poi alzo lo sguardo dai miei pensieri e non lo vedo. C’è un signore che parla al cellulare, normalissimo, ha solo la voce un po’ bassa. Lui, il mitico pittore folle, il mio dirimpettaio artista, non c’è più. I suoi insulti, che poi erano aforismi, non si sentono più. Nessuno è come lui e quando mi manca posso solo fare un bel giro al supermercato.

 


Ma la sfiga esiste?

20150615_163313Il mio televisore è un vecchio scatolone che ho trovato quando ho comprato la casa. Da mesi, come un maschio medio settantenne, guardo le offerte degli ultrapiatti:accumulo volantini di centri commerciali alla ricerca del prezzo migliore. Raccolgo, conservo, confronto, commento e quando ho tempo vado a vedere gli apparecchi. Finché insieme a mio padre non lo troviamo: Toshiba 50 pollici, Iper Rozzano, 390 euro, pochi pezzi. Se siete entrati almeno una volta in via Venti al Venti starete pensando che una tv così grande sia una sproporzione. Lo è, ma io adoro le sproporzioni. Papà lo compra, lo porta, acquista un supporto, lo monta al muro, non studio, lo aiuto, perdiamo tutti e due un pomeriggio. Mettiamo su il gigante: è bellissimo. Lo accendiamo e….non funziona. Ricolleghiamo tutti i cavi, cade l’orologio che proietta l’ora sul muro e si rompe. Insulti vari, nervosismo: “Non sei capace” “Tu non mi aiuti” “Ho preso tutto da te…” Un antennista passa per il pianerottolo, lo assaliamo, “Ci aiuti, la prego”. Stacca, riattacca, smonta, rimonta: “E’ un mistero, sembrerebbe guasto.” Lo tiriamo giù dal muro, lo richiudiamo, dobbiamo riportarlo a Milano entro sette giorni se no non ce lo cambiano più. Mio padre parte, siamo delusi tutti e due. Quando lo ringrazio cerco di farlo ridere: “Costava poco perché è rotto.” E’ tardissimo, mi aspetta la truccatrice di Dior, ieri è stata gentilissima, mi ha detto di passare che mi rifaceva un trucco veloce. Appena arrivo mi dice che ha poco tempo, sembra un’altra. Non mi spiega quello che fa, non mi parla dei colori, dei prodotti, ha fretta, pensa che io mi voglia approfittare di lei, compro una matita prugna e una mousse per lavare il viso, tutto Dior naturalmente, accenna un sorriso, ma non è più la stessa. Me ne vado, mi aspetta la dottoressa. “Purtroppo questo è il nostro ultimo appuntamento prima di settembre”-mi dice la psicologa-“Ma come, dottoressa? Le vacanze sono lontane.” “ Si, ma penso che lei abbia bisogno di una pausa per meditare” “Una pausa? No dottoressa…” “E’ stato un piacere, la penserò e si ricordi, stacchi”. “Anche io Dottoressa la penserò, arrivederci”. Vado direttamente in palestra, Luis mi curerà da tutto questo: la sua simpatia è contagiosa e poi così sfogo tutto. Salgo le scale della palestra due per volta, ma dove dovrei sentire che conta gli addominali con l’accento sardo sento una voce estranea. Maschile, ma stridula. Mi vedo un ragazzetto magro coi pantaloncini del Doria. E’ iniziata la stagione balneare. Il mio allenatore preferito è stato sostituito, ora è un bagnino. Mi guardo attorno, ma dove sono tutte quelle ragazze bellissime che affollavano la prima fila? Ci sono poche persone, quasi tutti uomini. Secondo me la palestra ha chiamato, ha avvertito, ma solo quelle fighe. “Buongiorno abbonata n 234, lei è abbastanza magra e attraente da essere informata che il corso che frequenta è stato spostato il…. ” Poche energie, quel ragazzo era un miracolo, riuscivo a fermarmi per tre corsi consecutivi, è vero che il cervello fa tutto. Faccio mezz’ora col biondo e mi trascino a casa, distrutta. Bevo uno Spritz che ho comprato pre-imbottigliato alla Lidl e mi addormento. Al risveglio apro gli occhi, mi sento energica e di buon umore, sono certa sia stato solo un incubo, come nei film, poi guardo in alto e vedo il braccio del televisore vuoto e mi dico: “Ma allora la sfiga esiste”

 


La democrazia in amore non esiste

finaleVenerdì finale di Amici 8. Sabato finale Champions League 2014-2015.Il patto nasce naturalmente: “Io guardo Amici con te stasera, tu guardi la Champions con me domani.” Mi sembra democratico, ma ci penso un po’ e vedo se ottengo una contrattazione migliore. Magari ci aggiungo il Luna Park domenica, che le giostre costano solo un euro. E’ furbo, non molla, al Luna della Foce ci andrò da sola.

Venerdì la finale inizia con la categoria danza. Inutile dire che dopo il terzo balletto divento insofferente, figuriamoci lui. Le coreografie in questa edizione sono particolarmente spettacolari e se posso permettermi, da profana, un po’ ridondanti. Trattano temi difficili: la fame nel mondo, la prigionia, l’AIDS, la guerra. L’entusiasmo è forte tra i giudici. Noi facciamo zapping, ma immagino che domani non potrò fare altrettanto. Lui lo conferma:”A me piace il calcio, la finale è sacra.” In realtà vuole solo vedere perdere la Juventus. Gli uomini diventando tifosi dimostrano il loro lato peggiore. Nel frattempo Virginia è la vincitrice della categoria ballo e inizia la sfida tra la danzatrice e i Kolors. Briga aspetta nella zona vincitori. “Ma che senso ha far gareggiare un ballerino ed un gruppo musicale?” Mi chiede. Temo che questo meccanismo sia costante nel programma. Anche io ne ignoro il significato. Improvviso: “Sicuramente serve a togliere quella che è la distinzione tra le discipline, come per creare un’opera d’arte totale”. Cerco di punzecchiare l’appossionato di Wagner che è in lui. In realtà vorrebbe che le Valchirie con la loro cavalcata calpestassero tutti i reality del mondo. Vince il cantante dei Kolors. Antonio da Caserta detto Stash. Lui ironizza anche su questo, per non parlare dei commenti che fa ai brani. Nella sfida Briga/Stash, per me dovrebbe vincere il rapper irriverente. Lui dice che va a dormire, finale finita per lui. Lunga attesa del vincitore per me. Non vince il mio preferito, il singolo dei Kolors è nettamente più forte.

Il giorno dopo tutto è pronto. Birre che neanche ci fosse una festa. In lui che non condivide mai niente, vedo una sorta di piacere nascosto nel vedere una partita con qualcuno. Mi ricorda quando mio padre ci teneva vedessi il Milan con lui, nella ricerca di un complice, il figlio maschio che non ha mai avuto. Io mi lamento, lui mi provoca, come solo i Genoani sanno fare e dice che la Juve è quasi come la mia tanto amata Italia. Non è vero, la Juve è la Juve e basta. Dopo i primi dieci minuti la partita è di una noia mostruosa e prendo in mano il libro della tesi uccidendo le sue aspettative. Resisto un po’ fino a quando, in modo irriverente, vado in un’altra stanza stanca dei suoi continui cori. Sentendomi in colpa torno nel secondo tempo al goal della Juve, immagino che ora sarà un po’ più divertente, infatti è così. La Juve torna sotto e lui è di nuovo felice. Basta poco nella vita. Io mi chiedo cosa mi dia quella felicità. La parte finale di cioccolato fondente del cornetto Algida. Guardare il mare al tramonto. Un giornale femminile nuovo di zecca da sfogliare. Cantare. Ho scoperto che l’amore non è democratico: ad ognuno la sua finale.

 

 


Dalla Prof. Lorusso alla Minagavante

scuolaLe supplenze son crudeli. Quando si inizia è un incubo perché gli allievi si approfittano del fatto che non li conosci e sei supplente. Quando si finisce è un incubo perché hai appena imparato a trattarli e li devi lasciare. Non avrei mai immaginato di commuovermi di fronte all’abbandono di 180 ragazzi. E che qualcuno si commuovesse a sua volta. Ma questa esperienza mi ha insegnato molto.
Anche io posso svegliarmi alle 6, ma solo recuperando con micro pisolini, in realtà piccoli svenimenti, durante il corso della giornata. Gridare in classe serve solo a perdere la voce. Se i compiti di castigo spaventano i ragazzi, le note servono a ben poco. Si impara a truccarsi anche sul 17 in corsa. Non bisogna mai lasciare silenzi: gli alunni soffrono della sindrome dell’horror vacui e riempiono il vuoto col caos infernale. “Cristoforo Colombo ha inventato il pianoforte“. In realtà l’invenzione è di Bartolomeo Cristofori, ma quando l’allieva l’ha detto così convinta, per un secondo, ci ho creduto anche io. E’ inutile mentire, loro ti vedono dentro e sbagliano raramente. In classe spesso sono delle carogne, bisogna essere severi in questo e cercare di minare il meccanismo alla nascita. Per esempio, se uno reclama il voto di un altro perché troppo basso, da me si becca un compito di castigo. Per alcuni dimostro 47 anni. Per altri 25. Non c’è un perché se una classe ti odia, ti odia e basta. Non c’è un perché se una classe ti ama, ti ama e basta. “Il padre di Beethoven era alcolico” Affermazione riportata in una interrogazione. Ogni classe ha un’ossessione: quando la conosci sai come affrontarla. In una classe erano le macchinette del piano terra. Bisognava evitarle come la peste. Non è detto che le ragazze siano meglio dei maschi. “Beethoven era un bambino perverso” (???Intendevano introverso) Ora so come si fa una evacuzione anti incendio. Quando gli si promette una cosa bisogna mantenerla. Quando si minaccia una cosa bisogna mantenerla. Coi bambini di prima media non bisogna essere troppo duri se no si mettono a piangere. Poi ci si sente dei mostri. Sono un po’ adolescente anche io. Non sempre capiscono l’ironia. L’intervallo con le terze è un incubo. Mai perderli d’occhio, neanche in bagno. Da una interrogazione: “I romantici essendo l’opposto degli illuministi erano tutti degli ignoranti” . Non svelare mai se sei filo genoana o filo  sampdoriana. Soprattutto ai bidelli. E sempre per citare un ragazzo: “Il piccolo Mozart era un ragazzo fenomeno”. L’espressione corretta era bambino prodigio.
Grazie. Mi avete fatto dimenticare le sveglie all’alba e, andando a dormire prima delle 22 e 30, il fatto di non aver visto neanche una puntata di The voice dall’inizio alla fine. Non vi dimenticherò. Per chi volesse salutare la prof. Lorusso e dare il benvenuto alla Minavagante presto ci sarà una festa di fine anno al karaoke di Brignole. Accorrete numerosi. E speriamo di rivederci a settembre.