IMG-20150802-WA0031Per preparare il mio frullato spargo polvere di proteine e vaniglia per tutto il vagone. E’ l’interregionale delle 13 e 37 che da Genova Brignole corre fino a Milano Centrale. Le americane accanto a me decidono di mangiare le loro focacce con la mortadella proprio al termine del mio “lauto” pasto. Sono scocciate da questo scambio di culture, mentre addentano pezzi di Bologna, pensano che quella roba l’hanno inventata loro. Nella mia valigia stanziano due cambi d’abito, due libri da leggere, due pochette da sera, due pranzi ipocalorici, due collane e tanti trucchi. All’incontro col passato bisogna andarci preparate, anche se è solo per due giorni. Bisogna avere un cambio per ogni evenienza. Ma come sempre, quando scappa un dettaglio, diventa il più importante. Posseggo una settantina di scarpe: l’unico paio contestato, disprezzato e messo in discussione è proprio quello che indosso oggi. Io le trovo comode e moderne. Da quanto le ho viste a scuola, le ho invidiate alle ragazzine delle medie: malgrado i tacchi alti, permettono di correre, di camminare e di ridere. L’anno scorso dopo aver indossato a lungo un paio di tacco 12, ho passato una notte con terribili fitte ai piedi. Mi convinsi che me li avrebbero amputati entrambi. Taglieranno anche la caviglia, ma io con queste scarpe posso guardare tutto dall’alto. Serve sicurezza per andare incontro al passato. Serve stabilità.

Sul taxi in cui viaggio col passato che mi emoziona e mi confonde, dimentico la giacca di pelle. Non mi accorgo di nulla, ma dopo un’oretta mi chiama una certa Linda dal radiotaxi e mi da un numero di telefono per risolvere la mia sbadataggine. Nessuno risponde. Intanto chiacchiero e ricordo insieme al passato. L’ansia mi fa mangiare e se, da sempre, chi è nervoso dimagrisce, io ingrasso. Ma ora so che quando si ha un invito a cena col passato è vietato magiare due S di pasta frolla. Mi chiama un tassista, evidentemente seccato ed appena sveglio. Non è Livorno 78, è Napoli 41. Mi scuso del disturbo, richiamo Linda, mi risponde Margherita e mi dice che i miei dati sono riservati per la privacy.”No, Margherita, devi darmi il numero di Livorno 78″.

Arrivo al ristorante. Il passato è affamato mentre digerisco lentamente i dolcetti. Suona il telefono. “Livorno 78, sei tu?” Effettivamente, sembrava simpatico anche durante la corsa. Mi dice che finisce il turno per le 22 e che passerà dal ristorante. “Bene”gli rispondo”mi trovi qui”. Cerco di affrontare il mio controfiletto, la carne si può mangiare anche senza fame, poi l’appetito vien mangiando. E bevendo. Insieme al passato.

Se guardo indietro nella mia vita ci sono sempre state le sigarette. Infatti alla fine della cena non posso resistere. Una tabagista può perdere il vizio, ma rimane una tabagista per sempre… squilla il telefono. “Francesca? Livorno 78, ho una chiamata dall’Hotel Bulgari, due russi che vanno a Malpensa, non mi libero prima di mezzanotte, mi spiace”. Sono contenta per lui, ormai gli voglio bene a Livorno 78. Gli dico ci vediamo a casa mia, l’indirizzo ce l’hai, salutami i russi.

Si parte col passato e si va a casa dove si cantano le canzoni dei cantautori, quelle che avevamo vissuto insieme, quelle di una volta. Il custode pensa siano arrivati i ladri, io fumo delle Winston blu che avevo in casa, forse negli anni 70 una cliente se le era dimenticate provando qualche pelliccia di volpe. Ma se sono felice insieme al passato, penso a quanto sia difficile esserlo con il presente. Il telefono suona, Livorno è qui sotto. Scendo, lo invito a cantare con noi. “Sono molto stanco, se no verrei” dice. In ascensore incontro una coppia di vicini di casa, due cinquantenni molto eleganti, nella vita ci siamo detti solo buongiorno buonasera, ma io sono felice e li invito al mare. Sembrano allegri, forse sono andati a festeggiare, forse anche a loro, in questa notte lunghissima, il passato è sembrato trasformarsi in presente.

 

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