b e montNon so voi, ma io da quando ho passato l’adolescenza, son più o meno sempre la stessa.
Jazz, locali fumosi, canzoni francesi, la notte tardi che amo, la mattina presto che maledico, il gin, latte e biscotti, Hollywood negli anni  ’40, il velluto, le dive, profumi, gioielli e tanta, tanta solitudine.
Ma dall’inizio dell’anno qualcosa è cambiato. Niente propositi, solo un’epifania. Anzi due.
The blu-u-ues
is a low down shakin’ chill.
(…)
You ain’t never had’em, I hope you never will. (R.Johnson)
Il blues è un gelido brivido profondo.
(…)
Non ce l’hai mai avuto,
spero che non ce l’avrai mai. (Traduzione di Luigi Monge)

Questo mi ha sempre cantato Robert Johnson.
Io che il blues si ripete sempre,
Io che al blues preferisco il jazz,
Io che il blues non l’ho nemmeno mai cantato alle jam e mi arrangiavo con The House of rising sun nella versione dei Giganti.
Ora mi sembra di sentirlo per la prima volta.
Nei suoi silenzi, fatti di ripetizione, nei suoi versi che obbligano ad immaginare.
Meno dice il blues, più il suono ha spazio intorno a sè.
E quello spazio siamo costretti a riempirlo noi.
Ed io, che amo così tanto le parole e sono così verbosa, non faccio altro che perdermi in quei silenzi, ora.
Ascolto e fantastico, cerco di rubare verità e sicurezze dalle sue frasi sempre uguali.
Le scrivo sul taccuino e le rileggo.
Oggi sembra togliermi la paura, il blues.

L’altra cosa è la montagna.
Figlia di montanara, di quelle che ci sono nate, ma che non sanno nemmeno cosa sia sciare.
Che sui campi di sci ci vanno i foresti.
Se ne è andata dal canavese, mia mamma, e ci torna solo d’estate: per rivedere i parenti, per togliere i tassi che han fatto il nido nel water e andare a trovare i nonni che son sepolti lì.
Ma son figlia anche di uomo di mare.
Anche lui ci ha portato poco nei suoi luoghi, perché troppo lontani.
Giusto qualche matrimonio, malgrado i parenti ci terrebbero tanto.
Ma io il mare dentro ce l’ho sempre avuto e venirci a vivere è sempre stato il mio sogno più grande.
Per me la montagna, invece, significava solo mangiare i tomini di capra che mi dava mio zio di nascosto, mangiare la tuma che mi dava mio nonno di nascosto, assaggiare il vino rosso che il cugino del bar mi dava di nascosto.
Niente più che ricordi di una bambina golosa.
Ed ora mi chiama. E lo fa con i romanzi. La leggo.
Come se dovessi studiarla prima di affrontarla. Come se ne avessi paura.
La montagna ora è frana, conche in cui non si incontra nessuno, laghi dall’aria cupa, boschi, ruderi e pietraie. Larici e pini silvestri, erbe alte in cui il sentiero si perde per poi reinventarlo.
Silenzio. E stelle che illuminano anche i desideri più difficili da esprimere.
Non so da dove vengano queste due nuove passioni, ma son certa che il blues e la montagna si piacciano molto tra di loro.

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