16402118_10154736746101690_1291222771_nIl locale sembra straripare.
Non si riesce nemmeno a muoversi.
Si possono fare solo due cose: puntare e bere.
5 Moscow mule a sinistra, vicino al bancone, lavorano in azienda, sono vestiti alla moda, si svegliano alla stessa ora e staccano, ogni giorno, appena scattano le 18.31. Non vedono l’ora che sia venerdì sera per puntare. Per vivere. Non è così importante chi, sembra una questione di geometrie, come al tavolo da biliardo.
Perché il colpo riesca ci vuole una posizione fortunata.
La mia amica è proprio di fronte ad uno di loro. Mi dice, delusa: “Sembra che abbia pure il raffreddore”.
3 Mojto, 2 Gin Tonic alla mia destra. Son tutte donne queste. Belle, snelle, sole. Sono lì per dimenticare l’ultimo amore andato male e bevono l’intruglio di ghiaccio ed alcol come fosse una medicina. Ridono, ma vorrebbero piangere. Anche loro cercano con lo sguardo qualcosa che certamente non troveranno lì.
Quello che punta me è vecchio e ha un occhio aperto ed uno chiuso. Forse è il migliore. Perché pare umano.
Ma io mi perdo negli occhi della cameriera polinesiana, l’unica veramente bella da quando sono entrata. Sembra uscita da un quadro di Gauguin con quell’aria fiera e malinconica. Al posto dei fiori sul vestito, ha tatuaggi sulle braccia.
Uno con un cappello con le corna mi spinge da dietro, sembra simpatico, ma è strafatto e ho paura che mi collassi addosso. Gli chiedo in prestito le corna per brindare:

a tutti i cuori spezzati,
agli amori impossibili,
all’orchestra di Glenn Miller quando suonava Moonlight Serenade,
ai sognatori,
a Sanremo che sta per iniziare,
a San Valentino che sta per arrivare,
e ai disastri che solo io so fare.

Prosit!

 

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