Il viaggio del Punteruolo Rosso

Il punteruolo rosso è originario dell’Asia sudorientale e della Melanesia.

Da lì ha fatto un lunghissimo viaggio per venire verso le coste italiane.
Ho provato ad immaginare il suo percorso nello specifico, tappa per tappa.

Partenza, gli Emirati Arabi.

Il punteruolo inizia a colpire in questo luogo attirato dalle splendide palme negli incredibili centri commerciali di Dubai.
Così lontano dalla sua Melanesia, fa partire la sua conquista da lì.

Seconda tappa, il Medio Oriente.

L’insetto si perde in un qualche bazar e inseguendo i profumi delle spezie, i loro colori, le grida dei venditori, la musica trascinante ed ipnotica colpisce sicuramente una delle palme che si vedono dai tempi davanti al mare.

La Crociera nel Mediterraneo.

Il viaggio tra storia e leggenda sia nel Mediterraneo Occidentale sia in quello Orientale per il punteruolo rosso è una meraviglia che proviene dalla storia, una sorpresa, un sogno.

Ama la Spagna sanguigna e orgogliosa, e le sue meravigliose isole: Baleari e Canarie ricchissime di palme. Lo appassiona che il telo del torero, il sangue della bestia e la sangria macchino con il suo colore.

Poi passa, prima in Corsica, e poi in Francia con il suo sfarzo, i delicati paesaggi e le promenade.
Tra un bicchiere di champagne e un croissant continua a distruggere tutti i palmizi di questi due due splendidi paesi.

In Italia parte in Toscana, proprio come fanno tanti importanti e famosi personaggi pubblici.
Proprio come quelli che possiedono enormi ville nelle campagne fiorentine trasformate in tenute, anche l’insetto si occupa  di vegetazione.

Parte da Pistoia per poi passare prima alla Sicilia  e poi alla Campania dove sicuramente apprezza i doni della costiera amalfitana. Mette a morte centinaia di palme secolari in parchi pubblici, quali lo storico lungomare di Salerno. Per non parlare di come concia i giardini privati.

Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna sono le tappe successive del suo volo fatale.

Per poi arrivare a Varazze, ultima fermata almeno per me, il mio giardino sul mare.

Addio vecchia palma, ricordo che quando ti ho visto per la prima volta ero una bimba e mi sembravi gigantesca.

Voglio ricordarti così, verde e rigogliosa.

 


Radici

La luce della luna

Evidenzia le radici
Sotto al marciapiede
Di Corso Podestà.
O forse sono solamente
Gli Abbaglianti
Ad illuminarle.
Quelle spingono
Sotto al cemento,
Combattono
Una guerra già persa,
non lamentano mai
la fatica.
Con la dignità
Di chi si nasconde nel buio.
Sanno inciampare,
Certe radici,
ma non si possono
Estirpare mai.


Intermittenze


A volte è qualcosa di esterno a dirci cosa dobbiamo o non dobbiamo fare.

L’altra sera ero molto indecisa se laciarmi trasportare od oppormi, se cedere o continuare, se fidarmi delle mie convinzioni o abbandonarle.

Da quando vivo a Genova l’elettricità è saltata in via XX solo una volta. Il 10 ottobre del 2014 la città è stata invasa da un’onda d’acqua terribile ed è rimasta senza corrente. Sono successe cose spaventose.

L’altra sera nel culmine della mia decisione/ indecisione la luce si è spenta, lasciandomi al buio.

Un lunghissimo minuto di silenzio. Senza frigoriferi che frusciano, orologi che ticchettano e spazzolini che illuminano. Senza cellulari che caricano, lavatrici che girano e luminarie che ronzano.

Poi tutto ha ricominciato a funzionare. Anche la mia testa, la mia volontà, la mia scelta e la mia determinazione erano più forti di prima.

Solo la lampadina del bagno si è bruciata. L’ho cambiata con una che avevo lì e che era vecchia e consumata.

Quando sono andata a dormire pensavo fosse tutto spento. Ho aperto gli occhi, l’ultima volta prima di cadere nel sonno, e quel fioco lume era rimasto acceso.

Era così basso che non me ne ero accorta. Sembrava voler confermare la mia scelta. Perché mi confortasse non l’ho spento per tutta la notte, come quando ero bambina.


L’autoscontro

Labirinti degli specchi, navi pirata, coppie che fanno pace grazie ad un peluche del tiro a segno.
Mentre vivo colori e suoni che avevo quasi dimenticato tutto si annebbia. È la fuligine dell’autoscontro che mi circonda.
Una mano sovrastata da un enorme Rolex GMT master mi passa una manciata di gettoni colorati.
La mia macchina è bianca e sembra fatta per me.
Me la lascia un ragazzino che potrebbe essere un mio allievo dicendo: “È la migliore”. Mentre mi abituo a schivare precedenze non date e collisioni più o meno volute guardo i guidatori degli autoscontri.
Un padre che mostra al bambino come si muove un figo nella pista. Una coppia di minorenni che sanno sempre su chi accanirsi.
Due bionde quattordicenni che ridono a coetanei col ciuffo phonato attaccati alla loro macchina come vongole.
Il bello della cumpa che resta fermo aspettando la giusta occasione per  tamponare, con lo sguardo di chi sa di essere già un leader senza dover neanche aspettare di crescere.
Io, che mi alleno a guidare nel traffico come se fossi in corso Europa.
In fondo il luna park è solo un esercizio di vita. Forse solo un po’ più serio di quella vera.