La boutique

Velina per abiti

L’ultima volta che sono entrata in una boutique, ero con mia mamma a Milano.
Dovevo avere 11 -12 anni e lei era ancora la detentrice del mio look.
Mi faceva tenere i capelli corti e decideva quello che mi sarei messa.
In via Bocconi, dove abitavo, c’era il fruttivendolo, il macellaio, il panettiere e la boutique.
Non c’erano negozi di vestiti.
Non c’era Zara.
Né Promod.
Tanto meno HM.


Gli uomini nei saldi

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Tipico uomo nei saldi

Gli uomini nei saldi stanno fuori dai camerini,
si seggono su divanetti e tengono reggiseni
come fossero appendini.
Gli uomini nei saldi non rispondono al telefono,
perché devono stare concentrati casomai lei,
tirando fuori solo la testa dalla tenda,
chiedesse: “Mi sta male, vero?”


Un week end da Dior

cerchio crom“Il visagista di Dior sarà presente in profumeria per alcuni giorni. Prenda un appuntamento al più presto” mi dice la cassiera con delle ciglia quasi oscene da quanto sono lunghe. Penso all’unica volta in cui mi sono trovata in una situazione simile: il mitico truccatore dagli occhi blu, mi ipnotizzò ed acquistai qualsiasi cosa mi dicesse essermi utile. Il risultato non fu un rossetto, ma uno dei rossi in banca più imbarazzanti. Non superò, comunque quello in cui prestai una cifra spropositata ad un amico alle tre di notte, che per convincere mia madre che non era stato un ladro, dovetti fingere di avere avuto una crisi compulsiva notturna da shopaholic. Poi mi ricordo che nella mia vita, ormai da un paio di mesi, ci sono solo ragazzini di 13 anni, i loro flauti dolci e numerose sveglie all’alba, ma soprattutto, finalmente, uno stipendio. Dopo alcuni giorni, dunque, lo sto già aspettando in profumeria mentre è in pausa pranzo. Appena entra, elegantissimo con occhiali da sole e un baffo all’Umberto I di Savoia, lo riconosco immediatamente. Dato il feeling, provo da subito a dare il meglio di me: passo dallo spiegare il trucco che vorrei a interrogarlo sui cenni storici della maison Dior.  “Be’ se vuoi questo effetto fari nella notte, come l’hai chiamato, dobbiamo lavorare sui complementari del verde” Tasta il terreno per capire quanto sono preparata, io che mi sono appesa in casa il cerchio cromatico, gli sparo subito i malva, i prugna, i rossi. Avessi mai imparato il circolo delle quinte allo stesso modo. Si ritorna a Dior e addirittura lo si mette a confronto con Chanel. Qui imparo veramente. Comincio a pensare che qualsiasi cosa acquisterò non sarà mai abbastanza. Dior come rosa, come New look, come uso dello sfarzo in tempi di dopoguerra. Li immagino i metri di stoffa, le gonne a ruota in un momento in cui meno materiale si usava meglio era. Torniamo alle mie sopracciglia che mi disegna meravigliosamente come un pittore. C. Dior era molto superstizioso, mi dice, dopo le molte richieste che lo volevano a lavorare per la moda, lo convinse solo trovare una stella per terra. Il trucco è fatto, le labbra? Be’ il rosso 999 fu proprio uno dei due dettagli di una sua sfilata che rimase storica, mi racconta. L’altro? Il profumo. Tutte le modelle lo indossarono, litri e litri di profumo furono versati creando un ricordo olfattivo fortissimo a tutti coloro che parteciparono. Di fronte a questo quasi mi ribalto con lo sgabello. Per pochi secondi mi vedo sfilare, una femme–fleur in abito confetto con litri di Miss Dior e un 999 alle labbra. Non ho fatto in tempo a dirtelo Alessio, ma io il rosa e il rosso li amo insieme. A questo punto completiamo il look con un profumo di seduzione. Speriamo serva a qualcosa Alessio, ma anche se non fosse, oggi sono felice lo stesso. Tanto che il giorno dopo, malgrado il prezzo speso alla cassa, mi ripresento. Temo mi guardi male e invece gentilissimo mi dice: “Siediti sullo sgabello. Dove eravamo rimasti? Ah, sì, la più grande passione di Dior erano proprio i fiori ….”

 


Oggetti del desiderio: dai Saldi a Van Gogh

van goghPer me i saldi son sempre stati la ricerca dell’oggetto del Desiderio. Qualcosa che avevo bramato durante la stagione, ma che non potevo permettermi o che non avevo il tempo di cercare. Degli stivaletti Chanel, un abito in velluto, un Borsalino con le piume, una sottoveste di La Perla. Quest’anno no. Quest’anno sono troppo scoraggiata dai must di stagione che proprio non mi appartengono.
Pellicce fake coloratissime
Carriarmati ai piedi
Giubotti di pelle corti
Abiti glitterati
Tutone onesie
Stendiamo un velo pietoso sul fatto che la moda premia sempre di più quel mix che si chiama: ho 16 anni, mi trucco come se ne avessi 30, compro solo da H&M, sono andata adesso da Mc Donald e ho guardato il mio fidanzato che mangiava un Big Mac, lui ha i pettorali e fa il pugile, io ho i leggins che mi tengono su il di dietro.
Dunque i saldi sarebbero stati per la prima volta una visione, un’esperienza contemplativa. Tradotto avrei comprato a causa della frustrazione pezzi folli che non avrei mai messo.
Dunque ho deciso: quest’anno si va a Milano in Corso Buenos Aires, il regno della percentuale al ribasso. Giunta in stazione Centrale mi carico… imboccato il corso da Piazzale Loreto sono pronta all’acquisto folle. Non ho avvertito nessuno che sarei arrivata.
Sono una scappata di saldi.
Calzedonia. Le calze sono importantissime. Le autoreggenti carissisime. Prendo il cestino, ne compro per 37 euro. Vado alla cassa, mi sento più furba di tutte le milanesi, più charmant. “No scusi, non passa. Riprovo?” Mi chiede la commessa come se avesse già vinto la scommessa. Io, coraggiosa, algida e non curante, sapendo già quello che sarebbe successo, dico: “Riprovi”….. E poi …”Mi tenga il sacchetto che ripasso”, povera, misera Francesca.
Vado nella prima Sampaolo, mi hanno insegnato di non regalare mai commissioni alle banche e vedo che ho disponibili solo 14 euro.
Comincio a camminare. Naufragio. Perdita. Solitudine. Raggiungo Palazzo Reale. La mostra di Van Gogh, uno dei rossi che amo di più e si sa che io ho un debole per i rossi. Costa 14 euro. Entro. I colori dei prati e dei cieli mischiati, indistinti superano un Carré di Hermès, che per me vuole dire il Paradiso. Molto più dei saldi. Eccolo il mio oggetto del desiderio.

 

 


Uno è troppo poco, ma tutti non posso averli

IMG10403-300x225Chi mi conosce sa quanto io ami i profumi.
Per molto tempo ne ho usato solo uno. Lo portava un’amica di mia madre e quando da bambina la sentivo emanare quella classica fragranza la rincorrevo ovunque come un serpente ammaestrato. Così ho continuato nell’adolescenza. Tutti sapevano cosa regalarmi. I fidanzati più innamorati  mi creavano il kit: saponetta, bagnoschiuma, crema corpo. I miei collant sapevano di rosa di maggio, raccolta a mano nelle ore del mattino. Quello sarebbe stato il mio profumo e non l’avrei mai tradito. Idealismi dell’adolescenza?
A vent’anni studiavo a Bologna con la mia migliore amica. Usava una fragranza che le conferiva un odore più che una profumazione, qualcosa di persistente e sensuale. Quando andava in università presto la mattina ( io facevo il Dams…) me ne spruzzavo un po’. Non era come su di lei. Ma comunque quando lo mettevo mi sembrava di sentire scrosciare una cascata giapponese e di trovarmi in quel luogo magico dietro alla rapida dove ci si nasconde nei film tra i fiori bianchi protagonisti di quel bouquet. Non l’ho mai comprato quel profumo.
Ma da allora ne ho comprati tantissimi altri. Mai perché li sentivo in profumeria, ma perché erano sulla pelle delle persone, mi raccontavano di loro, più delle loro macchine, delle loro scelte, dei loro amori. Quello di mia sorella, di quell’amica, a volte addirittura delle persone che fermavo per la strada.
Quando mi innamoravo di un uomo e mi mancava o finiva mi compravo il suo profumo e mi sembrava di nuovo vicino. E’ un escamotage molto utile, lo consiglio.
Ho un look per fragranza, un aroma per stato d’animo e un effluvio per ogni occasione. Ma la cosa che mi colpisce di più e che più ne posseggo e più desidero sempre quello che non ho. Quando poi lo compro è come se perdesse un po’ di valore, mi stancasse già. Natura umana?
Forse non ho trovato quello giusto. Almeno così si dice.
Ma tutti certo non posso averli. Tornerò ad un unico profumo o continuerò a desiderare bouquet diversi fino a quando non li posseggo?
Non so rispondere, ma posso affermare che se continuo così, a parte cominciare a condirci l’insalata come affermavo a marzo ne il Pranzo di primavera, l’unico profumo che dovrà cominciare ad interessarmi è l’Eau d’Argent, de Parfum però, e non de Toilette, con quello che costano…

 


Umberto Eco e Paris Hilton? La moda come comunicazione.

paris-250x300Un mio amico l’altro giorno si è complimentato di come ero vestita, ringraziandolo ho detto: “Sono soddisfatta del mio guardaroba” Immediatamente ho completato sottovoce: “Non altrettanto della mia vita sentimentale o di quella lavorativa.” In realtà mentre scrivo indosso un cappello a falda larga di paglia, occhiali stile anni ’70 da sole/vista, una fascia nera di pizzo e come copricostume un pareo coi soli azzurri che la mia amica si è dimenticata da me. Ai piedi ballerine rosa con fiocchetti leopardati. Tralasciando la mise del momento.. sono comunque convinta dell’affermazione di prima. E di comunicare almeno un messaggio forte e chiaro. Un sì, che nel campo artistico e sentimentale ancora non è così luminoso. Meglio di niente, no?
Immaginiamo di incontrarci in via XX stasera. Sono le 19 ed indosso un vestito rosso. Senza che voi siate il tenente Colombo, il mio abbigliamento vi farebbe dedurre che sto andando ad un appuntamento. Quasi banale.  Ma osservando più a fondo il tipo di acconciatura, i dettagli della collana, le scarpe e le sfumature del trucco vi potrebbero svelare il tempo passato per prepararmi, la sicurezza che ho di piacere, quanto io tenga a questo incontro, ciò che mi aspetto dalla serata, addirittura potreste arrivare all’età e se mi conoscete un po’ alla identità della persona che devo incontrare. Trovo che questo sia incredibile. Potremmo sapere tutto quello che vogliamo anche senza andare su fb a cercare informazioni e foto come segugi…Alcuni penseranno che una botta di sole ha fatto uscire allo scoperto la Paris Hilton che c’è in me e che sicuramente non coincide solo nell’amore per i chihuahua e per il rosa. Ma in realtà io vorrei riflettere insieme su quanto l’abito che indossiamo sia il grado zero della comunicazione. Quanto l’eleganza sia una scelta, come ci dice la sua etimologia che deriva da eligere, scegliere. Il nostro essere alla moda è la costruzione di un alfabeto che ci racconta. E tutti noi quando ci svegliamo raccontiamo qualcosa di noi, di dove viviamo e di cosa vogliamo dalla vita scegliendo i nostri abiti, o non scegliendoli.
“Ha la minigonna è una ragazza leggera. A Catania. Ha la minigonna è una ragazza moderna. A Milano. Ha la minigonna, a Parigi: è una ragazza. Ha la minigonna ad Amburgo, all’Eros: forse è un ragazzo.
Questo scriveva più di trent’anni fa Umberto Eco nella Psicologia del Vestire. E lui di Paris Hilton, al contrario di me, ha sicuramente molto poco.

 


Sopravvivere ai tempi della crisi

IMG10312-300x225“Beh, chi non è povero?”
scriveva ironicamente Marjorie Hillis nel saggio “Orchids on your budget”, il cui titolo è stato tradotto in italiano, non certo alla lettera, dalla Dalai Editore in”Chic. Vivere con eleganza ai tempi delle crisi”.
Nel 1937 Marjorie, allora redattrice di Vogue,  suggeriva come affrontare i momenti di difficoltà economica con eleganza. I tempi erano quelli della Grande Depressione: vecchia crisi, nuove soluzioni.
Tornando all’oggi, mancano due settimane all’inizio dei saldi. Il momento dell’anno in cui viene fuori l’indole masochista di ognuno di noi, per cui usciamo intenzionati a comperare un capo di vestiario di cui abbiamo bisogno e torniamo a casa con qualcosa di assolutamente diverso da quello che avevamo in mente e che potremo indossare sì e no due volte in un anno.
Due compiti perché questo non accada.
Se non siete sempre in ritardo come me, che ne sono reduce oggi, avete già fatto il cambio dei capi primaverili a quelli estivi.
Le maniche corte, le camicie hawaiane, i vestitini tropical brindano al calar del sole nel vostro armadio con una Corona ghiacciata, mentre velluti e maniche lunghe si abbandonano all’oblio sonnolento che durerà fino ad autunno inoltrato.
Rendendo la casa come reduce dal bombardamento, mettete sul letto tutti i vostri abiti estivi e cominciate a catalogarli in un file per colori ed occasioni. Vi renderete conto di avere cose incredibili e soprattutto che non sapevate affatto di possedere. Qualcosa è da buttare, qualcosa da portare al sarto cinese, qualcosa veramente immettibile, come quei pantaloni gialli a pois rosa che erano nascosti dal soprabito blu.
A questo punto fate passare una settimana rileggendo la lista tutte le sere prima di andare a dormire. Mia mamma diceva che solo così si imparano le poesie.
Ora, ma solo ora, potete cominciare ad uscire e  guardare le vetrine.
Ma l’imperativo categorico è che non potete acquistare nulla fino all’inizio dei saldi.
Potete annotare in un nuovo file ciò che vi sembra interessante e che soprattutto completa il guardaroba che già possedete. Solo in un modo potete far rivivere abiti dismessi: con gli accessori giusti.
Io lo faccio da una vita e non sapete quante volte mi dicono, che bella quella borsa insieme a quel vestito, le hai comprate insieme? Sono la collezione di quest’anno couture Valentino? Ed avendo messo insieme un saldo di Bijou Brigitte e un acquisto di spropositati anni fa che neanche ricordavo di avere, dico:
“Sono un pezzo forte del mio guardaroba.” Bugiarda.
Durante i saldi però, almeno un capo folle dovete comprarlo.
Ma fatevi stupire, come da un innamoramento repentino, improvviso come un raffreddore e che non andrà certo a buon fine, ma vi farà sorridere ogni volta che ripenserete alla prima volta che l’avete incontrato.

 


E-state in città

temporale-estivo-300x210Da una parte è macaia. Dall’altra fulmini, saette, tuoni.
Metereopatia, “tristezza e nessun’altra malattia”, come cantava De Gregori.
Ma, d’estate, come ci si veste in città?
Donne
L’inferno cittadino per me è così fatto:
Il girone degli shorts. Vi partecipano tutte coloro che li indossano al di fuori delle minorenni aspiranti veline. Queste fanno comunque delle ospitate in quel luogo ameno, perché anche ai giovani non si può perdonare tutto. La cerchia dei colori fluo. Gli anni ’80 ci hanno hanno lasciato anche questo.. ahimè. Canarini elettrici, fucsia, verdi acidi e mela per gonne, pantaloni, T-shirt… Naturalmente in quei colori non sono ammesse le ora tanto amate unghie-gel.
Mettiamo già in valigia, per scatenarci nella mitica settimana di Ferragosto: parei, top, gonnellone. Teniamoli lì fino a nuovo ordine.
Evitiamo tassativamente,  se non alla festa tzigana, cavigliere, ciondolame e pashmina suonanti “che l’ho presa proprio in India”, per non apparire emuli di Trilli, che seppur dolcissima, risulta inopportuna in uffici, agli esami e sui mezzi pubblici.
Il paradiso a 40 gradi è invece fatto di abiti bianchi, elegantissimi e di grande aiuto in questa stagione, soprattutto se di lino e ancora meglio se abbinati a splendida bigiotteria azzurra.
La coppa del Mondo però se l’aggiudica quell’antologia di vestitini (lunghi o corti secondo colei che indossa) con tema floreale che è meravigliosamente sbocciata, in questa stagione, anche nelle riviste di moda. Donano a tutte, non solo alle più belle.
Uomini
Sono vietati la maggior parte dei sandali. Cartellino rosso per le Havaianas, le infradito o flip flop o come il Demonio le abbia chiamate nel giorno della loro Genesi. Il piede dell’uomo, molto bello, non merita quel trattamento. Dei calzini che si intravedono preferirei non parlare.
Brutte anche, se posso permettermi, le camicie a maniche corte, meglio quelle lunghe ma arrotolate sulle braccia, che insieme ai piedi sono molto sexy.
Vale lo stesso passepartout per il lino che, come la frittura, rende buona anche la carta.
Bene per il mocassino da barca, elegantissimo in blu.
E poi il colpo grosso: un Panama, magari acquistato in un mercatino all’aperto.
E se inizia a piovere, che ci si ripari in un caffè.


Io mi vesto Preraffaellita

Nell’ultimo anno si è parlato tanto di bellezza. Tanto e male, secondo me.
Si dovrebbe avere una timidezza, un rispetto naturale, forse anche un po’ di timore ad usare questa parola per non perdere di vista il suo significato.
E invece Fazio a Sanremo, ogni cineforum Rai, la domenica pomeriggio Fininvest, davanti all’ape(ritivo), in palestra su tapirulan, mentre si fa la spesa, al cellulare, magari anche su What’s up (che non son certa perché non ce l’ho).
Insomma io vorrei parlare di bellezza, e per farlo di tre donne, che con questa hanno molto a che vedere: le protagoniste della mostra Torino alla mostra torinese Preraffaelliti l’utopia della bellezza. Ringraziando Dio aver studiato al Dams non basta per essere critici d’arte, dunque parlerò di moda, tanto cara a me e alla corrente artistica ottocentesca.
Monna Vanna, Sidonia von Bork e Ofelia. 

Monna Vanna

Rossetti - Monna VannaLa donna “vana” è stata dipinta da Dante Gabriel Rossetti nel 1866. Quello che mi colpisce è che, per citare Ma-donna, siamo di fronte ad una Ma-terial girl. Attenzione non parliamo di una prostituta, che importerebbe poco, ma di un’esibizione di ricchezza materiale e non di una rappresentazione di sentimenti intimi da parte dell’artista. Punto l’attenzione sugli accessori: chi mi conosce sa che li amo molto e parto da essi per costruire i miei outfit. Braccialetto bimano d’oro, anello a forma di foglia verde, orecchini pendenti indiani, la collana di corallo rossa a più giri e come girocollo un massiccio ciondolo di cristallo a forma di cuore. Più monili insieme proprio come faccio io, alla faccia di quelle che insegnano che l’eleganza è minimale. L’eleganza, secondo me, è saper accostare.
E qui c’è un qualcosa di ricorrente, il dettaglio più importante: il cerchio, la forma a spirale in cui Vanna faceva cadere, ipnotizzandolo, il maschio.
Tutte donne cattivelle queste, ma la matrigna sicuramente è la contessa Sidonia dipinta da Edward Burne Jones nel 1860.

sidoniaLa perfidia, simboleggiata dall’aracnide in fondo a destra, è rafforzata dalla ragnatela di ricami dell’abito in pendant con la retìna nei capelli della donna. Seducente e distruttiva, la van Bork mi sfida in tre quarti, con quell’aria nobile e distaccata, chiedendomi con lo sguardo:
“Lorusso dove lo trovi oggi un abito coi serpenti attorcigliati e biforcuti?”
Infine giungiamo all’immagine più famosa, l’Ofelia di Millais dell’1851-52.

millais4-300x210Qui non voglio dire nulla, perché veramente la bellezza non si dice.
Ma si ascolta e si rincontra dopo secoli.