Le It Bag non danno la felicità

poppaAvevo 18 anni quando conquistai il primo stipendio. Facevo l’ultimo anno del classico e cominciai a lavorare come intervistatrice telefonica per la Fiat. Mi sorbivo tutti problemi della Barchetta, allora tanto di moda, per guadagnare qualche soldo. Con la prima paga mi fiondai in un negozio vintage e comprai un boa di struzzo viola. Tornata a casa, potete immaginare lo sguardo dei miei. Gaetano e Lidia cominciavano a riconoscere in me alcune stranezze, che sarebbero solo peggiorate nel corso degli anni. Oggi, mi ritrovo finalmente con un lavoro pagato, dopo una fine 2015 fatta di prodezze ed invenzioni per sopravvivere. Il mio nuovo primo stipendio è da festeggiare, decido dunque di comprarmi qualcosa di speciale. Ma cosa, dato che, malgrado le mie ristrettezze economiche, ho comunque dato sfogo sempre alla mia miracolosa capacità di aumentare l’indice Pil del paese? Per una volta non vorrei niente di particolare o astruso. Desidero qualcosa che mi accomuni con il resto dell’umanità e che, in una parola, vada di moda. Per sentirmi una delle tante e far parte di un gruppo riconoscibile, scelgo l’It bag, la borsa del momento. Evitando, per chiare ragioni di budget, marchi di serie A+ come Vuitton o Gucci, vedo che da tempo impazza una marca che si chiama Lui Jo. Per capirci, sono quelle borse impreziosite da simpatici pon pon in ecopelliccia. Avevo visto l’imitazione da Zara, ma, con le varie malattie avute in corrispondenza dei saldi, mi era sfuggita. Chissà perché ero certa che la Lui Jo centrasse in qualche modo con la bella Jennifer Lopez, di cui avevo visto una collezione moda in qualche outlet. Quindi, entro in uno store e chiedo all’elegante e gentile commessa di spiegarmi la questione. Lei mi svela che confondo  JLo con Lui Jo e, neanche tanto sotto i baffi, mi deride. Ancora più convinta di dover possedere quel pezzo di storia della moda 2015, guardo le borse e scelgo per la Poppa. È comunque della scorsa collezione ed in saldo, perché lo stipendio c’è, ma non esageriamo. Decido per il rosso, ed esco con il mio sacchettone contenente borsa e portafoglio abbinato, naturalmente. A quel punto immagino di percorrere San Vincenzo volando, ma invece no. Cerchiamo insieme le possibili motivazioni: 1) Mi convinceva certamente più il giallo, colore notoriamente immettibile 2) E’ estremamente più bello comprare coi soldi degli altri rispetto ai propri. Questo è certo. 3) Provo un po’ di nostalgia nel non avere contribuito all’assicurazione del mirabile posteriore di Jennifer 4) Inaspettatamente, il quaderno dei valori che sto usando a scuola, sta avendo una certa influenza su di me. Citandone una parte: “Una coperta vale più di un diamante perché se hai freddo col diamante non ti riscaldi, ma con la coperta sì”. Razionalmente escludo l’ultima possibilità. È per giunta inesatta perché, non solo, vendendo un diamante si possono comprare milioni di coperte, ma, nel caso la pietra sia particolarmente grande, brillante e pura, si potrebbe ottenere dallo scambio una coltre di zibellino, come la ordinò a mio padre un emiro, dunque molto più calda di ogni altra al mondo. Forte di questa convinzione e per scongiurare ogni presa di posizione morale, corro a fare shopping con la mia nuova Poppa Bag!


Barbie contro Bratz

b contro bChi mi conosce sa quanto io ami gli outfit da diva: cappelli, scarpe col tacco, trucco visibile e profumi importanti. Tutto questo in inglese si chiama overdressed e significa essere vestita in modo esagerato rispetto all’occasione in cui ci si trova. Per carità buona parte del mio abbigliamento sarebbe perfetto per la nota corsa di cavalli ad Ascott, ma forse risulta un po’ eccessivo per il centro storico di Genova. L’o. d. ha comunque i suoi estimatori: donne ed omosessuali. Tende, invece, ad allontanare i giovani uomini che identificano la donna dei loro sogni con una ragazza alla moda con felpa, piumino e jeans, perfetta nel fisico e con un trucco lucente ad illuminarle il viso. Sicuramente ho ricercato il mio riferimento estetico nei grandi classici del cinema hollywoodiano, per capirci la Gloria Swanson di Viale del tramonto. Ma, sinceramente, penso che il mio vero problema sia stato solo uno e si chiami Barbie. Fior di pesco, Principessa sulle nevi, Magia delle feste, Holiday, Regina dell’Estate, la bionda per eccellenza era sempre vestita da gran suaré ed io, che volevo imitarla in tutto e per tutto, ho cominciato a pensare che il mio guardaroba dovesse essere all’altezza del suo. Da lì abiti lunghi, stole, piume e pellicce. Le bambine di oggi non possono incappare in questo errore perché Barbie è cambiata. Secondo me è diventata brutta, infatti. Prima della mutazione non vendeva più, come se fosse passata di moda, tanto che la Mattel è dovuta correre ai ripari. Ma chi poteva anche solo concorrere con la donna perfetta?  Cloe, Sasha, Jade e Yasmin. L’unione fa la forza, si sa. Queste signorine si chiamano Bratz. Hanno proporzioni improbabili, la testa larga rispetto al corpo, gli occhi giganti, le labbra gonfie e lunghissime e magrissime gambe. Come dicevo prima: adolescenti dal fisico perfetto ed un po’ botulinato con abiti tagliati come quelli dei supermercati della moda. L’opposto mio, insomma. Ma i tempi son cambiati ed io, come Barbie che ora ha occhi e testa più grandi, quando sbaglio capisco. Ho dunque comprato un piumino, anzi due, uno per il giorno ed uno per la sera, perché almeno l’eccesso non me lo tolga nessuno. La mamma mi ha anche detto che con quello dimostro dieci anni di meno. Io che non avrei mai mollato il cappotto e il collo di pelliccia, come nella canzone Rimmel di De Gregori. Tutta colpa delle Bratz.